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URBANISTICA DEI TERRITORI E PARTECIPAZIONE
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Ad un anno dal termine del secondo mandato dell’attuale Amministrazione è tempo di fare un bilancio sullo stato della partecipazione dei cittadini nel dibattito riguardante lo sviluppo urbanistico della città.
Gli elementi di novità nel corso dei nove anni scorsi sono due.
A seguito dell’abbandono delle Circoscrizioni, organi elettivi di derivazione politica, e che ebbero l’importante funzione di interfaccia tra cittadinanza ed organi politici, si è passati nel 2014 alle Reti Sociali, ora diventate Reti di Quartiere.
Le Reti di quartiere sono gestite da operatori di nomina amministrativa diretta, e mirano a coordinare e organizzare le attività tra tutti i cittadini e le realtà presenti nel quartiere che vogliano partecipare.
Realtà di ogni tipo, sociali, sportive, culturali.
Secondariamente l’introduzione, tra i nuovi regolamenti amministrativi, nel corso del primo mandato Gori, dell’Art 8ter del regolamento sulla partecipazione, steso a più mani da cittadini, associazioni ambientaliste e amministrazione, ed in vigore già da diversi anni.
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Questi nuovi organi e strumenti hanno funzionato?
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Possiamo dire che ad un primo bilancio il funzionamento delle Reti di Quartiere pare buono se i temi trattati sono stati per così dire ‘leggeri’, intendendo l’organizzazione di iniziative legate al sociale, di eventi culturali, aggregativi od altro, con differenze anche sostanziali tra i vari quartieri, e forse legate principalmente alle capacità dei vari operatori nominati dall’Amministrazione ad operarvi e dirigere le attività.
Invece è molto diverso l’esito se i temi trattati hanno riguardato questioni urbanistiche, di mobilità, di pianificazione territoriale, riguardanti opere pubbliche o misto pubblico/privato, che è ciò che maggiormente ci interessa.
Abbiamo avuto esperienze positive, in cui i cittadini, adeguatamente coinvolti ed informati, hanno potuto dire la loro nel merito di progetti pubblici, con esempi di progettazione realmente partecipata.
Mentre è quasi una costante che nella maggioranza dei casi in cui c’erano preesistenti e prevalenti interessi privati nell’ambito di trasformazione trattato, la possibilità di ascolto e di reale intervento nel merito da parte dei cittadini o delle realtà associative di quartiere locali, od ambientaliste che le hanno seguite, si è ridotta a poco, spesso a nulla.
La partecipazione dei cittadini, peraltro già da anni ben normata dall’Art 8ter del regolamento della partecipazione presente nel regolamento del Comune di Bergamo, che stabilisce attori, modalità, spazi ed ambiti di azione, si è spesso ridotta ad una poco più che semplice comunicazione riguardante decisioni prese evidentemente in altre sedi, e nulla, o molto poco, e spesso su questioni marginali, è stato possibile cambiare quanto già deciso.
I processi partecipativi avviati, quando si sono fatti…spesso sono iniziati con progetti sulle aree interessate pressochè definiti in ogni aspetto di fondo, ed in (voluto ?) ritardo rispetto ai tempi che una reale partecipazione suggerirebbe, cioè, per intenderci, dall’analisi preliminare delle previsioni edificatorie e di funzione previste nel PGT attuale, e quindi sulla possibilità di modificarle significativamente, e prima di avviare forme di progettazione partecipata, almeno sulle parti pubbliche degli ambiti.
A giustificazione di questo si sono spesso citate insormontabili ed immodificabili previsioni contenute nel PGT vigente (salvo poi fare varianti al PGT con frequenza disarmante quando servivano…) od altri strumenti di pianificazione (per esempio nel PUMS, il POP…), o presunti impegni già presi e firmati con i privati, o vincoli e paletti vari, che a detta degli amministratori in molti casi hanno impedito di trattare.
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Tutto questo all’interno di un PGT (Piano di Governo del Territorio), tuttora vigente, che si è dimostrato di fatto errato nelle sue previsioni edificatorie e di servizi, basate su una sensibile crescita della popolazione della città che di fatto non c’è stata.
Nonostante questo pressochè tutti gli ambiti di trasformazione hanno visto in questi anni la loro attivazione ed apertura dei relativi cantieri, che spesso poco, o nulla, hanno a che fare con principi sempre più attuali di contenimento/azzeramento del consumo di suolo, di sostenibilità, di rispetto della biodiversità, di incremento del verde per il contrasto al cambiamento climatico.
Ricordiamo che è di luglio 2019 un voto all’unanimità di una mozione del Consiglio Comunale nella quale si è dichiarata l’emergenza climatica e ambientale, a cui però sono seguiti ben pochi atti concreti.
Ed un dato recente ci dice che sono più di 10000 le unità immobiliare, solo nella nostra città, non affittate od invendute.
Dato di base che dovrebbe indurre a non costruire più nulla già da anni, ma così non è stato, e temiamo possa continuare ad essere così, malgrado le dichiarazioni in senso contrario.
In estrema sintesi si potrebbe dire che questa Giunta negli anni in cui ha governato, superata la crisi del 2007/2008, che aveva congelato grande parte delle attività edificatorie, non è riuscita (o forse non ha voluto…) fermare o modificare sostanzialmente in meglio nessuno dei tanti progetti discutibili che il vecchio PGT conteneva in pancia.
Certo ci sono state spesso sensibili riduzioni di volumetrie, si sono sviluppati significativi standard pubblici legati ai vari interventi, ma comunque il consumo di suolo, la distruzione di aree verdi vergini, come anche i dati annuali di ISPRA confermano, è proseguito a ritmo sostenuto.
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E questo malgrado molta cittadinanza attiva si sia spesa infaticabilmente per chiedere e proporre alternative e correttivi nei vari ambiti.
Cittadini dimostratisi spesso preparati e propositivi, che hanno evidenziato criticità e con un occhio attendo all’ambiente, alla tutela del verde, al rispetto dei luoghi, alla mobilità, all’equilibrio sociale.
Ma malgrado tutto l’impegno profuso i risultati in termini di incisività e spostamento delle decisioni sono spesso stati miseri o nulli.
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Per chi ha avuto modo di partecipare ad incontri ‘partecipativi’ negli ultimi anni, ed io personalmente ne ho potuti seguire alcuni, la sensazione di essere trattati più come ‘oppositori’ e non come attori attivi, collaborativi, attenti al territorio in cui viviamo, lavoriamo e riposiamo, quali evidentemente dovremmo essere, è una spiacevole costante.
E le Reti di Quartiere, invece di osmoticamente accogliere critiche, suggerimenti e proposte, collegando virtuosamente e fattivamente i cittadini alla Giunta, si sono dimostrate più un filtro atto a controllare il dissenso in tanti ambiti e attivamente impegnate a smontare e derubricare ciò che per la Giunta risultava scomodo, perchè fuori dagli indirizzi stabiliti dal governo della città, o forse semplicemente in conflitto con i molti interessi privati e speculativi che operano sul territorio.
Quindi non una nuova ed innovativa strada di collegamento, ma un nuovo muro, che ha ulteriormente aumentato la distanza tra amministratori ed amministrati su molte questioni.
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E l’indirizzo urbanistico generale ha preso una chiara piega verso la crescita di una città futura per soli turisti e studenti, per City-User, complice un aeroporto cui non si vuole porre nessun limite di crescita, con già tangibili effetti negativi in particolare sul centro storico, sempre più spopolato, ed ormai farcito di B&B e negozietti dell’inutile al servizio del turismo.
Ma tanti altri quartieri subiranno a breve gli impatti probabilmente nefasti di nuove grandi opere in corso di realizzazione od in previsione, che guardano in quella unica direzione.
Boccaleone per il treno Orio-Bergamo (infrastruttura al servizio dell’aeroporto), Redona ed altri per Chorus Life (un enorme astronave di cemento fuori scala atterrata in città, e con dubbi benefici per la residenza di quei quartieri e la città in generale), San Tomaso ed il Villaggio Sposi per la cementificazione del Parco Ovest (con edificazioni che porteranno alla distruzione e perdita di aree verdi vergini, biodiversità e preesistenze da tutelare come il Paleoalveo del Morla), la futura Porta Sud (un immane colata di cemento sulla ed oltre la stazione, con ulteriori edificazioni e spostamento di interi poli scolastici, della cui necessità nulla si è discusso nella nostra città a livello pubblico), il parcheggio della fara (un infrastruttura attira traffico nel cuore del centro storico al servizio di una mobilità da anni ’60), solo per citare i più famosi.
Per non dimenticare il disagio, già attuale, di tutti i quartieri nella parte sud della città per gli effetti sul traffico indotto, l’inquinamento ed il rumore dell’aeroporto, che si vuole portare in pochi anni dagli attuali 14 milioni di passeggeri a 24, quando il suo impatto è già ora, e da ormai troppi anni, insostenibile.
Bergamo è ormai sempre più una città al servizio dell’aeroporto, e non viceversa.
Ed un accenno va fatto anche ad alcuni luoghi pubblici, di fatto convertiti ad un uso privatistico, come Piazzale Alpini, ora recintato e diventato sede di concerti ed eventi musicali per brevi periodi dell’anno, e sottratto di fatto ad una reale nuova pubblica fruizione di ogni giorno, quale forse dovrebbe prima di tutto essere la sua funzione.
Sembra che si vogliano consapevolmente sacrificare interi comparti di città, perlopiù periferici, ma non solo, ad un modello di crescita e ‘sviluppo’ a senso unico, per un uso privatistico, non sostenibile ed anche per certi versi fragile, perchè legato a pochi fattori che possono repentinamente cambiare, condizionando tutto il sistema.
L’esperienza del Covid, che ci ha paralizzato per lunghi periodi, aeroporto compreso, azzerando il turismo e mandando in crisi l’intero sistema economico cittadino e provinciale, non ha evidentemente insegnato nulla.
Un modello che spreme il territorio, per estrarne il maggior reddito possibile, prevalentemente a favore di pochi, senza preoccuparsi delle ricadute in vari ambiti.
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