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TRUMP E ISRAELE
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L’elezione del Trump ha avuto come conseguenza varie reazioni, quasi tutte emotive e non razionali: vi è chi lo identifica come colui che risolverà con un colpo di bacchetta magica (decisionismo trumpiano) tutti i mali del mondo, chi ha avuto reazioni isteriche per la massiccia maggioranza assegnata ad un “fascista” (e se avesse vinto la Kàmala, invece? Avremmo dovuto forse festeggiare?) ed esiste tutto lo spettro di comportamenti emotivi possibili tra questi due estremi.
In generale si tratta di reazioni degne di Andy Warhol, vale a dire dettate dal desiderio di avere un quarto d’ora di notorietà e non dalla volontà di esaminare correttamente la situazione con una analisi razionale.
Lo abbiamo già ripetuto su questo sito, ma è proprio vero che l’Occidente e la sua cultura attuali si sono completamente dimenticati di quello che un tempo veniva chiamato “razionalismo occidentale” di cui ci vantavamo di essere stati gli inventori ed i migliori cultori al mondo.
Alti tempi…
L’epoca attuale è dominata dal sistema mediatico e dalla emotività che esso induce, caratterizzata da estrema superficialità, credulità, esibizionismo e simili, con una assenza totale di raziocinio.
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Onore al merito a Francesco che, quando era di ritorno dal suo viaggio tra gli ultimi in Papuasia ad un giornalista che gli aveva rivolto la domanda provocatoria di chi avrebbe votato, ha risposto serissimo e razionalissimo: “Io non ho diritto al voto negli USA per cui una mia risposta non ha significato, però una indicazione di voto la do: agli elettori americani dico di votare secondo coscienza e di scegliere quello che reputano essere il male minore”.
Più chiaro e razionale di così…
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In ogni modo vediamo di colmare la lacuna della marea dei commenti irrazionali e forniamo la traduzione parziale di un paio di notizie che arrivano da Israele.
La prima è una analisi che vuole essere logica e razionale, la seconda non lo è proprio per niente e si tratta delle dichiarazioni di un ministro sulla prossima annessione della CisGiordania: per definizione, trattandosi di integralismo religioso fanatico, si ha a che fare con il massimo dell’irrazionalismo illogico.
Se i seguaci di Andy Warhol alla fine sono solo una farsa, questo fanatismo religioso è tragedia.
Tragedia con l’atomica…
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Ma lasciamo la parola agli articolisti del quotidiano israeliano Haaretz della sinistra israeliana.
Sinistra, come abbiamo già detto più volte, sionista e un tantinino (un tantinino tanto) schizofrenica.
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Bergamo, 13.XI.2024
Marco Brusa
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https://www.haaretz.com/israel-news/2024-11-10/ty-article/.premium/trumps-return-is-a-victory-for-greater-israel-annexation-and-apartheid/00000193-1619-d45e-a7df-7f9be5b50000?utm_source=App_Share&utm_medium=iOS_Native
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Il ritorno di Trump è una vittoria per la Grande Israele, l’annessione e l’apartheid.
Tra Jared Kushner (il genero di religione ebraica di Trump – NdR), David Friedman (economista favorevole all’eliminazione dello Stato e sostenitore dell’anarchia nel capitalismo – NdR) e l’allarmante record del presidente eletto, il trionfo di Trump sarà probabilmente disastroso per i Palestinesi.
Ma dovrebbe terrorizzare anche gli Israeliani.
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La rielezione di Donald Trump per il secondo mandato come Presidente degli Stati Uniti rischia di rivelarsi estremamente pericolosa per Israele e disastrosa per i Palestinesi.
Con Trump di nuovo al potere a Washington, il Medio Oriente si trova di fronte a un periodo di incertezza ancora maggiore, e di possibili destabilizzazioni, rispetto all’ultimo anno di carneficine e sconvolgimenti.
Gli estremisti israeliani sono felici, ma il resto del popolo israeliano dovrebbe essere profondamente allarmato per il futuro che questo estremismo, che Trump molto probabilmente favorirà, fa presagire.
È difficile sapere se i maggiori sconfitti al di fuori dell’America dalla rielezione di Trump saranno l’Ucraina o i Palestinesi, entrambi i quali affrontano batoste devastanti ai loro progetti nazionali.
L’Ucraina continuerà ad essere una nazione, mentre i Palestinesi potrebbero perdere ogni prospettiva di raggiungere l’indipendenza.
E questo, naturalmente, è devastante anche per Israele perché, senza una soluzione a due Stati, gli israeliani si trovano di fronte al futuro di una guerra senza fine con un popolo palestinese sempre privato dei diritti civili e costituito da diseredati che, come farebbero tutti gli esseri umani, continuerà a lottare per i propri diritti fondamentali e per la cittadinanza – di cui la maggior parte di loro attualmente non gode.
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Questa previsione non è una speculazione priva di significato.
Trump ha una storia dettagliata del suo primo mandato nei rapporti con i Palestinesi.
L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina era inizialmente entusiasta per il primo trionfo elettorale di Trump, perché, dopo essere stata ignorata dalla Casa Bianca durante l’intero secondo mandato di Barack Obama, Trump ha rimesso la questione palestinese sul tavolo subito dopo il suo insediamento.
I leader dell’OLP sono venuti a Washington sentendosi come Lazzaro risorto dai morti.
Molti di noi hanno cercato di avvertirli che non capivano davvero con chi avevano a che fare, ma presto lo hanno scoperto da soli.
Nel suo tentativo di costringere i Palestinesi ad accettare condizioni scandalosamente svantaggiose in un accordo sullo status finale con Israele, Trump ha deciso di trattarli come inquilini sotto sfratto forzato da una delle sue proprietà di New York.
Ha deciso di tagliare le loro utenze, smettere di raccogliere la spazzatura e sostanzialmente costringerli alla capitolazione.
A metà del suo primo mandato, nel 2018, aveva tagliato tutte le relazioni diplomatiche con i Palestinesi e tutti gli aiuti statunitensi a loro, anche alle loro forze di polizia che collaborano con Israele per mantenere la sicurezza nella Cisgiordania occupata.
Lavorando con il Congresso, ha reso praticamente impossibile per l’OLP riaprire la sua missione a Washington D.C., riducendola a trattare con gli Americani e l’amministrazione attraverso il suo ufficio all’ONU a New York.
E ha inondato Israele di benefici immeritati, soprattutto a spese dei Palestinesi.
Ha spostato l’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme senza ottenere alcuna concessione da Israele.
Ha rilasciato una vaga dichiarazione che riconosce la sovranità israeliana a Gerusalemme, anche se non si impegna a rispettare alcun confine territoriale di tale sovranità, lasciandola aperta all’immaginazione di qualsiasi lettore, massimalisti israeliani inclusi.
Ha anche fatto in modo che gli Stati Uniti riconoscano l’annessione unilaterale da parte di Israele delle alture del Golan siriane occupate, in violazione del divieto categorico della Carta delle Nazioni Unite di acquisire territori con la guerra.
E, come colpo d’addio, nel gennaio 2020 la sua amministrazione ha emesso il famigerato piano “Pace per la prosperità” che invitava Israele ad annettere il 30% in più della Cisgiordania rimasta, compresa la Valle del Giordano.
Questo lascerebbe tutte le aree palestinesi residue interamente circondate da un nuovo Grande Israele, progettato dagli Stati Uniti.
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Quindi i precedenti di Trump su Israele e sui Palestinesi non potrebbero essere più allarmanti.
L’autore titolare della proposta di annessione di Trump, suo genero Jared Kushner, giocherà senza dubbio un ruolo significativo nelle sue politiche israeliane, sia formalmente all’interno della Casa Bianca che informalmente al telefono.
In ogni caso, non è ipotizzabile che potrebbe non essere in gioco.
I suoi legami familiari con Netanyahu – che a volte dormiva nella camera da letto del giovane Jared Kushner durante i suoi primi anni all’ONU, con il giovane inviato in un’altra parte della casa – sono troppo profondi, così come il suo impegno nel movimento degli insediamenti.
Ancora più allarmante, l’iper-potente ambasciatore di Trump in Israele, David Friedman, rimane molto attivo nei circoli politici del presidente eletto, ed è estremamente probabile che sia una figura influente e che diventi un funzionario di alto rango, nelle politiche della nuova amministrazione Trump nei confronti di Israele e dei Palestinesi.
Friedman ha appena pubblicato un libro intitolato “Uno Stato ebraico”, che delinea una visione per la pace israelo-palestinese.
Israele annetterebbe tutti i territori occupati, compresa Gaza, e i Palestinesi rimarrebbero nel loro paese solo a discrezione di Israele e come residenti senza cittadinanza né voto.
Opportunamente, Friedman ha recentemente lanciato l’edizione ebraica del suo libro nell’insediamento di Nofim in Cisgiordania, in un evento a cui hanno partecipato sei membri del gabinetto israeliano; ha pubblicato un videomessaggio promozionale rivolto agli evangelici americani in cui dice: “Speriamo che un giorno, con l’aiuto di Dio e con il vostro aiuto, Israele avrà la completa sovranità su tutta la sua patria biblica”.
Non c’è altra parola per questo che “apartheid legalizzato”.
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Con questa eredità e questa cerchia ristretta, e altri sostenitori della Grande Israele pronti ad assumere posizioni chiave per la sicurezza nazionale, il secondo mandato di Trump è probabile che si riveli una catastrofe decisiva per le ultime speranze rimaste della soluzione dei due Stati.
I più ardenti sostenitori dell’annessione nel governo israeliano, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, sono stati messi a capo della Cisgiordania dal 7 ottobre, e anche prima, soprattutto per tenerli lontani dalle guerre a Gaza e in Libano.
Ma sono stati impegnati ad armare e radicalizzare il movimento dei coloni sul terreno nella Cisgiordania occupata e a usare l’esercito israeliano per affrontare i gruppi di giovani palestinesi in città come Jenin e Tulkarm.
Il ministro delle Finanze israeliano di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha parlato il mese scorso a una conferenza nel sud di Israele dal titolo “Prepararsi per la sistemazione di Gaza”.
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Smotrich, in particolare, sta facendo del suo meglio per distruggere l’Autorità Palestinese, non solo trattenendo le sue importantissime entrate fiscali, ma anche minacciando di tagliare tutto il suo accesso al sistema bancario israeliano, il che la paralizzerebbe finanziariamente e rimuoverebbe l’ultimo modo importante in cui serve il popolo palestinese nell’Area A: pagare i dipendenti pubblici, compreso il personale di sicurezza, e fornire servizi di base come la sanità e l’istruzione.
Questi estremisti stanno chiaramente aspettando un’esplosione di violenza incontrollata nella Cisgiordania occupata, e stanno ovviamente cercando di provocarla, nella speranza di usarla come copertura per l’annessione che sarà presentata come una mossa necessaria nell’interesse sia degli israeliani che dei Palestinesi.
“Era l’ultima cosa che avremmo mai voluto fare”, diranno gli Israeliani al mondo, “ma il divorzio è necessario per salvare vite umane. Dobbiamo essere noi gli adulti qui. Dobbiamo tracciare una linea di demarcazione tra noi qui e loro là, e se così tanti di loro sono finiti dall’altra parte di questa linea che abbiamo unilateralmente tracciato come un nuovo confine, è tutto per il meglio”.
Nonostante tutto il suo sostegno a Israele, Joe Biden non avrebbe sopportato tutto questo in silenzio e con complicità.
Trump potrebbe benissimo.
Se la sua politica israeliana è stata plasmata da gente come Kushner e Friedman, come sembra estremamente probabile (è stato riferito questo fine settimana che, per mesi, i funzionari israeliani hanno silenziosamente informato Kushner e Friedman sulla guerra di Gaza), allora ci si può probabilmente aspettare una collaborazione attiva con l’annessione e la protezione di Israele – che potrebbe anche includere anche una parziale annessione di Gaza.
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Gli Ucraini saranno probabilmente costretti a un armistizio con la Russia, a cedere grandi quantità del loro territorio a Mosca e possono essere d’accordo o meno.
I Palestinesi saranno costretti ad accettare la non-cittadinanza in una Grande Israele, e non saranno d’accordo.
Ma gli Ucraini possono continuare a combattere, con il sostegno europeo (sic).
I Palestinesi non avranno, nei fatti, tale opzione.
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Nell’universo morale di Trump, i forti fanno quello che vogliono e i deboli soffrono quello che devono.
Gli annessionisti israeliani riescono a malapena a contenere la loro gioia per la vittoria di Trump.
E potrebbero ottenere ciò che vogliono: il prossimo grande passo verso una Grande Israele.
Ma se qualcuno in Israele immagina che questo porrà fine al conflitto, non ha imparato nulla negli ultimi cento anni.
Un’annessione facilitata da Trump cambierà semplicemente il contesto, ma la lotta continuerà.
In tali circostanze, gli Israeliani possono probabilmente aspettarsi futuri 7 ottobre, e peggio, nel prossimo futuro.
L’insediamento, la colonizzazione e l’annessione – per non parlare dell’espulsione – non sono certo ricette per un futuro stabile e pacifico.
Al contrario, garantiscono un’eredità di spargimento di sangue, sofferenza e orrore per le generazioni future.
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L’autore, Hussein Ibish, è Senior Resident Scholar presso l’Arab Gulf States Institute di Washington.
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