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Bergamo in Comune | Dicembre 21, 2024

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SIRIA, VLADIMIRO ED HEZBOLLAH

SIRIA, VLADIMIRO ED HEZBOLLAH

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Pubblichiamo la traduzione di due articoli apparsi su giornali totalmente agli antipodi tra loro che possono permettere di farsi una panoramica credibile di come sta evolvendo la situazione non solo in Medio Oriente.

I due giornali sono Asia Times e Tehran Times, entrambi sono da noi frequentemente letti e ne abbiamo fornito traduzioni su questo sito.

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Il primo è un connubio tra Repubblica Popolare Cinese e finanzieri di Wall Street e ha l’interessante caratteristica di essere spesso il primo a diffondere notizie che all’inizio sembrano incredibili e che, dopo, si rivelano vere ed assodate.

Tanto per rendere evidente questo, citiamo solo che ha “tranquillamente” sostenuto da subito che, dopo il 7 ottobre 2023, Israele avrebbe fatto alla popolazione di Gaza “quanto si era fatto in Europa ai tempi della Guerra dei Trenta Anni”, vale a dire: sterminio non solo tramite guerra, ma anche tramite carestia ed epidemie.

Previsione a dire poco centrata in pieno.

L’articolo che proponiamo è a firma di un professore inglese il cui curriculum su internet dice che è “specializzato nella gestione delle sfide contemporanee alla sicurezza, in particolare nella prevenzione e risoluzione dei conflitti etnici e delle guerre civili e nella costruzione dello Stato post-conflitto in società profondamente divise e dilaniate dalla guerra”.

Se scrivevano che è amico della Sesta Sezione della Military Intelligence britannica (MI6) facevano prima…

Però, quanto scrive è molto più che degno di attenzione dal momento che i punti sollevati circa la batosta che la Russia si è presa in Siria sono tutti veri (compreso lo “strano” silenzio della Cina che, confermiamo, non sta scrivendo praticamente nulla su questo argomento sui suoi siti di solito molto loquaci), anche se si guarda bene dall’esporre tutte le possibili implicazioni, ma solo quelle più in linea con la propaganda dell’Occidente.

Ad esempio, non dice nulla della Turchia e della sua politica di espansione, da Tripoli di Libia al Nagorno Karabach ed ora in Siria.

Questo anche se i giornali turchi suonano trombe a dire poco trionfanti e trionfalistiche su questo argomento (e parlano malissimo dei Curdi, in particolare del PKK/YPG).

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Il secondo è l’organo ufficiale in lingua inglese degli Ayatollah e non necessita quindi di ulteriori presentazioni.

Negli ultimi tempi è comunque possibile percepire una sua parziale evoluzione: non pubblica più solo la monotonica “scuola quadri” del “partito di dio” [con la “d” minuscola, come si scrive sempre quando c’è qualcuno che pretende di averne il monopolio come se fosse una qualche merce, un oggetto… La “D” maiuscola si mette, invece, quando ci si rivolge a Dio in quanto divinità (Altissimo, Almighty, Allah, Adonai, chiamatelo come volete) non ad un oggetto da mettere sul mercato per ricavarne un guadagno materiale], ma pubblica anche analisi con un fondo di critica e senza negare le difficoltà del momento.

Nel nostro caso ammette esplicitamente che “resta da vedere quale sarà l’impatto sul Libano in seguito alla rioccupazione israeliana della cima del Monte Hermon” e che “le vie di rifornimento di Hezbollah sono state chiuse”, anche se, ovviamente, si dichiara fiducioso nella capacità di adattamento della medesima Hezbollah.

Il pericolo che a Tehran percepiscono è chiaro: Hezbollah è schierata a sud del fiume Litani e, se Israele la aggira dalla parte del Monte Hermon ora che l’esercito siriano non esiste più, può prenderla alle spalle scendendo dalla Valle della Bekaa, con tutto quanto ne può conseguire…

Le variabili in gioco sono talmente tante che non ha senso fare previsioni.

Possiamo solo continuare a monitorare la situazione affidandoci alle potenzialità del WEB per raccogliere informazioni da quante più fonti possibile.

Statisticamente si spera che la varianza di tali fonti possa portare alla formazione di valutazioni corrette.

[E un accidente al MinCulPop mediatico nostrano che diffonde solo le bufale della NATO e agli ignorantoni rimbambiti che non leggono un libro e che saturano i socials con le loro “libere opinioni” non richieste da gradassi del Bar Sport, “libere opinioni” quasi sempre esattamente identiche a quelle diffuse dal MinCulPop].

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Bergamo, 17.XII.2024

Marco Brusa

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https://asiatimes.com/2024/12/what-assads-fall-says-about-putins-great-power-ambitions/

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Cosa significa la caduta di Assad per le ambizioni di grande potenza di Putin.

Il crollo dell’alleato siriano mette a rischio l’espansione della potenza della Russia e la sua capacità di proiettare potenza nel Mar Mediterraneo.

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Il crollo fulmineo del regime di Assad in Siria ha scatenato un terremoto in tutto il Medio Oriente.

L’eliminazione del dittatore, la cui famiglia aveva governato il paese con pugno di ferro per più di mezzo secolo, ha innescato un cambiamento a dire poco sismico negli equilibri di potere della regione.

Ma ci sono anche altre importanti ripercussioni che vanno ben oltre la Siria e la Russia è una delle potenze più significativamente colpite.

Nel 2015, il regime di Assad era sull’orlo del collasso ed è stato salvato dall’intervento russo, con il supporto di Iran e Hezbollah.

Questo intervento è stato effettuato per fermare la crescente minaccia da parte dello Stato islamico e ha permesso al regime di Assad di respingere anche altre forze ribelli.

Negli anni successivi, questo ha consentito ad Assad di consolidare il controllo sulla capitale, su altre città chiave e in particolare sulla regione costiera dove la Russia aveva due basi militari il cui futuro è ora incerto.

La base navale russa di Tartus che risale all’epoca sovietica, così come la base aerea di Khmeimim, fondata a sud-est di Latakia nel 2015, sono infrastrutture vitali per la Russia per proiettare la propria forza militare nel Mar Mediterraneo e rafforzare la pretesa del Cremlino di essere una grande potenza globale.

Data l’importanza delle basi per la Russia e gli ingenti investimenti fatti nel corso degli anni per sostenere il regime, la caduta di Assad si riflette negativamente sulla capacità della Russia di affermare una propria influenza credibile sulla scena mondiale.

Anche se la Russia riuscisse in qualche modo a negoziare un accordo con i nuovi governanti siriani sul futuro delle basi militari, il fatto che Mosca non sia riuscita a salvare un alleato importante come Assad metterebbe in luce le debolezze critiche nella capacità della Russia di agire, anziché limitarsi a parlare, come una grande potenza.

Ci sono chiari fallimenti dell’intelligence che hanno omesso o male interpretato l’accumulo di forze anti-Assad da parte del Qatar e il tacito supporto della Turchia a questo.

Questi fallimenti sono stati poi aggravati dalla diminuzione delle risorse militari russe in Siria e dall’incapacità di rafforzarle con breve preavviso.

Tutto questo è conseguenza, ovviamente, della guerra in corso in Ucraina.

Il ridimensionamento delle capacità militari di altri due alleati del Cremlino nella regione, Iran e Hezbollah, ha ulteriormente aggravato le difficoltà per Assad e ha esacerbato l’effetto dell’eccessivo sforzo della Russia.

Questo solleva anche la domanda se la Russia abbia strategicamente valutato male la situazione e sottovalutato la sua vulnerabilità in Siria.

Ma ancora di più, mette in luce la dipendenza della Russia stessa da alleati che non si limitano ad accettare le richieste di Mosca (come ha fatto Assad quando ha fornito alla Russia le basi militari), ma che la sostengono attivamente come grande potenza, anche se priva di alcuni dei mezzi indispensabili per esserlo (come hanno fatto l’Iran e Hezbollah nel 2015).

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Dov’è la Cina?

In questa equazione manca la Cina.

Pechino si era schierata con Assad dopo l’inizio della guerra civile siriana, ma il suo sostegno è stato per lo più di tipo retorico ed è stato principalmente mirato a impedire un intervento sostenuto dall’ONU e guidato dall’Occidente, simile a quello in Libia che ha portato alla caduta di Gheddafi e che da allora ha gettato quel paese nel caos.

Una visita di alto profilo di Assad in Cina nel settembre 2023 ha portato a un accordo di collaborazione strategica e questo è sembrato segnalare un altro passo verso la riabilitazione del regime siriano, almeno agli occhi di Pechino.

Ma quando si è arrivati ​​al dunque e il governo di Assad è stato gravemente minacciato, la Cina non ha fatto nulla per salvarlo.

Questa inazione solleva domande sull’effettiva valutazione cinese circa il regime siriano e la crisi in atto, ma è presente anche una domanda più significativa riguardo alle ambizioni di grande potenza russa.

Nonostante tutti i discorsi su una collaborazione senza limiti tra Mosca e Pechino, alla fine la Cina non ha fatto nulla per salvare la Russia da un’imbarazzante sconfitta in Siria.

Mentre la Russia ha avuto bisogno di una presenza militare per rafforzare le sue pretese di essere una grande potenza, gli interessi cinesi in Medio Oriente riguardano principalmente lo sviluppo delle opportunità economiche e la minaccia percepita del terrorismo fondamentalista islamico.

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Putin è ridimensionato

La posizione della Russia in Medio Oriente è ora in pericolo.

Mosca ha perso un alleato chiave come è stato Assad e i suoi altri principali alleati, Iran e Hezbollah, sono notevolmente indeboliti.

Israele e Turchia, con cui il Cremlino non ha avuto facili relazioni negli ultimi anni, sono stati rafforzati.

Viene resa evidente la vacuità delle pretese russe di essere una grande potenza ed è anche probabile che diminuisca ulteriormente il suo prestigio e la posizione che ha agli occhi di altri partner, quali Cina o Corea del Nord, membri dei BRICS o paesi del Sud del mondo, che la Russia ha recentemente cercato di corteggiare.

Le conseguenze per l’Ucraina, presumibilmente la causa principale dell’eccessiva espansione della Russia, saranno verosimilmente ambivalenti.

Da un lato, la facilità con cui Assad è stato deposto dimostra che la Russia non è invincibile e che il suo sostegno a dittature brutali ha dei limiti.

Dall’altro, ci si deve aspettare che la Russia raddoppi la sua pressione militare in Ucraina.

Putin ha bisogno, e in fretta, di un successo che ripristini la fiducia nazionale e internazionale in lui.

Dopotutto, a Donald Trump non piacciono i perdenti.

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Stefan Wolff

Professore di sicurezza internazionale presso l’Università di Birmingham

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https://www.tehrantimes.com/news/507486/Will-Israel-misuse-Syrian-transformations-to-resume-the-Lebanon

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Israele sfrutterà il ribaltone siriane per riprendere la guerra in Libano?

L’esperienza storica ha evidenziato l’importanza della Siria sul processo decisionale all’interno di Israele, data la posizione geostrategica della Siria.

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Resta da vedere quale sarà l’impatto sul Libano in seguito alla rioccupazione israeliana dei territori siriani e della cima del Jabal Shaykh (Monte Hermon), le cui propaggini terminano all’interno dei confini libanesi.

Indubbiamente, il recente accordo di cessate il fuoco aveva avuto un impatto negativo su Israele, spingendo Netanyahu a ribadire che “l’accordo di cessate il fuoco non significa la cessazione della guerra”.

Secondo i media ebraici, le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno sganciato 1.800 bombe su più di 500 obiettivi in ​​Siria, oltre ad aver distrutto circa 20 siti di comunicazione e di guerra elettronica, il che significa che il nemico israeliano potrebbe utilizzare lo spazio aereo siriano “con estrema libertà e trasformare la Siria in un trampolino di lancio per lanciare attacchi contro l’Iran e i suoi delegati”.

Parallelamente, le forze golpiste (sic) in Siria, guidate dal leader di HTS al-Julani, non hanno nascosto la loro ostilità verso Hezbollah, pur evitando di dichiarare una qualsiasi posizione sull’aggressione israeliana che ha distrutto le capacità difensive della Siria.

Nel frattempo, Abdul Jalil al-Saeed, ex assistente del Gran Mufti di Siria, ha dichiarato al sito WEB israeliano i24NEWS di essere ottimista sulle relazioni siriano-israeliane.

Ha aggiunto: “I leader dell’Asse della Resistenza pensavano che il 7 ottobre sarebbe stato come l’Arca di Noè, ma si è rivelato essere il Titanic che li ha affondati”.

Al-Saeed sperava che il canale israeliano sarebbe stato “un ponte verso una vera pace tra i due paesi e avrebbe attratto il pubblico siriano. Spero di vedere il vostro corrispondente raccontare dal cuore di Damasco”.

Alcuni osservatori ritengono che questa posizione aumenterà le opportunità di Israele di riattaccare il Libano, soprattutto dopo che le vie di rifornimento di Hezbollah sono state chiuse.

Lo stesso Netanyahu ha precedentemente sottolineato le priorità del suo regime, dopo la guerra in Libano, per affrontare il programma nucleare iraniano insieme alla ricostruzione e al riarmo dell’esercito sionista.

Vale la pena notare che il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha avuto un ruolo nell’accordo di cessate il fuoco.

Pertanto, qualsiasi decisione israeliana di riprendere l’aggressione – nel prossimo futuro – sarà puramente americana.

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È vero che il nemico continuerà a impedire a Hezbollah di ricostruire e sviluppare le sue capacità senza la necessità di un intervento militare diretto alla luce degli ostacoli gravi senza precedenti che seguono le trasformazioni in Siria.

Inoltre, il nemico stima che le priorità di Hezbollah ruoteranno attorno alla ricostruzione in questa fase.

Hezbollah, tuttavia, e nonostante tutte le dolorose prove, conserva ancora grandi capacità che gli consentono di minacciare il cuore delle terre palestinesi occupate.

In ogni caso, alla luce dei continui cambiamenti nell’equilibrio di potere regionale, Hezbollah deve valutare la propria esperienza dopo gli attacchi del 7 ottobre e come può adattarsi e mantenere l’autosufficienza difensiva.

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Signora Sondoss Al Asaad

Giornalista libanese e avvocatessa specializzata in diritti dell’uomo

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