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MONUMENTI ANTIMILITARISTI
Prima parte
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In una situazione come l’attuale, con più di una guerra in corso e con il sistema mediatico che ormai non fornisce più informazioni, ma solo propaganda di parte in cui l’”altro” è descritto, come sempre avviene durante i conflitti, essere un “mostro colpevole di ogni male”, abbiamo valutato che è il caso di andare ad effettuare uno studio su un argomento su cui è molto difficile trovare notizie e che probabilmente non è per nulla noto alla maggioranza di noi.
Parliamo dei monumenti antimilitaristi.
Esistono.
Sono pochi ma esistono, anche se letteralmente sommersi dalla marea di monumenti in stile pompiere, enfatico e privo di una intrinseca validità, o in stile modernista, tipico del Ventennio.
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La morte in massa dei soldati durante la Grande Guerra è stata un evento traumatico del tutto senza precedenti e si è sviluppato, come genuino sentimento popolare, il culto dei caduti: un sentimento scaturito “dal basso” che attraversa tutti i ceti sociali.
All’inizio questo culto dei caduti è principalmente di orientamento pacifista ed i primi monumenti che vengono eretti rispecchiano questa impostazione, si veda ad esempio il cimitero di guerra di Staranzano nei pressi di Monfalcone all’epoca dominato da un obelisco con la scritta “PAX” (scritta tuttora presente all’ingresso dell’odierno cimitero civile) demolito quando nei primi anni ’30 il cimitero viene soppresso ed i resti dei caduti trasferiti a Redipuglia.
Cimitero militare di Staranzano nei pressi di Monfalcone, soppresso con i resti dei caduti traslati a Redipuglia.
La maggioranza di questi monumenti era per lo più edificata da amministrazioni comunali socialiste e dall’organizzazione dei veterani “Lega proletaria” che comprendeva tutti i gruppi socialisti, in seguito anche comunisti, fondata nel novembre del 1918 e la cui finalità era di impedire che ” la borghesia, lo stato e i padroni (il che è tutt’uno), possano in tutte le questioni relative al collocamento, ai salari, alla rieducazione e all’impiego specifico dei lavoratori mutilati o semi-invalidi scavalcare le organizzazioni del lavoro”, dal momento che “il problema dei reduci è un problema spiccatamente di classe”.
In questi monumenti e nelle relative targhe commemorative i morti non erano indicati come “caduti”, ma piuttosto come “vittime”, e la guerra era denunciata per quello che è: un orribile massacro.
Le iscrizioni a volte erano intervallate da accuse contro i governanti, responsabili della guerra e del conseguente massacro.
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Questo primo culto delle vittime di guerra è stato completamente eradicato e ne rimangono solo alcune antiche fotografie. Un certo numero di targhe commemorative sono state rimosse o loro le iscrizioni cambiate solo pochi mesi dopo la loro dedica.
Spesso le forze dell’ordine sono intervenute prima, come a Monte Urano in provincia di Fermo (all’epoca di Macerata), dove una targa è stata eliminata nel 1919. La sua iscrizione terminava con le parole “Pace alle vittime, guerra ai capi, oggi, domani, sempre”. Purtroppo abbiamo reperito solo la notizia di questo evento e non siamo riusciti a trovarne altra documentazione.
Da notare che certi comportamenti diventano vere e proprie “persistenze” nonostante la loro repressione e Monte Urano nel 1998 ha deciso di dedicare una riserva naturale ad Alex Langer “in quanto personalità della politica e della società civile molto impegnata verso la tutela dell’ambiente, della pace e della fraternità tra i popoli”.
Iniziativa analoga è stata presa nei medesimi anni anche dal Comune di Amelia in provincia di Terni.
https://www.fermomia.it/it-n-01a.html
https://fondoambiente.it/luoghi/parco-fluviale-alex-langer
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Molti di questi primi monumenti alle vittime della guerra sono diventati a loro volta vittime degli squadristi, in particolare le targhe commemorative nei locali del partito socialista.
Le distruzioni contro il culto di sinistra dei caduti sono diventate sistematiche dopo la “Marcia su Roma” e la Legge n. 559 del 21 marzo 1926 dichiara pubblici monumenti i Viali e i Parchi della Rimembranza dedicati “nei diversi Comuni del Regno, ai caduti nella guerra 1915-1918 e alle vittime fasciste”
Viene così forzatamente stabilita l’equiparazione ideologica e culturale dei caduti nella Grande Guerra con i fascisti morti in azioni squadriste e la morte in guerra, secondo questa ideologia, non deve apparire come un fatto tragico, ma come un evento glorioso e desiderato.
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Non siamo riusciti a trovare traccia in Italia, a parte pochissime sbiadite fotografie, di queste prime edificazioni di monumenti ai caduti/vittime della Grande Guerra, solo alcuni monumenti “ufficiali” presentano dei tratti in comune con essi.
Questi ultimi monumenti è stato possibile realizzarli probabilmente perché nei comuni in cui sono stati edificati la popolazione non era molto “allineata” e le autorità preposte al controllo non volevano rogne e avevano preferito emettere un parere favorevole (tanto “de gustibus non est disputandum”: un bel timbro su un documento di conformità ed a Roma avrebbero guardato solo quello, non il monumento in sé…).
Esistono invece ancora alcuni di questi primi monumenti in alcuni Comuni francesi, sopravvissuti anche ai collaborazionisti di Vichy, e non ne esistono assolutamente in Gran Bretagna, dove la mentalità della classe dominante è quella che è.
Altro è il discorso per la Germania, dove il senso di colpa per i trascorsi nazisti è -si può dire quel che si vuole- presente, e dove tutti i monumenti sono stati completamente “risistemati” nel secondo dopoguerra e dopo la Riunificazione, attività questa tuttora in corso.
Diverso il discorso per quanto riguarda i monumenti ai caduti/vittime della Seconda Guerra mondiale al termine della quale i movimenti popolari partigiani si sono ritrovati a pieno titolo tra i vincitori.
Ma andiamo con ordine ed in questa prima parte ci limitiamo a descrivere il Monumento ai Caduti di Villa d’Adda ed i monumenti di Ortona in provincia di Chieti, divenuta campo di battaglia dopo l’8 settembre.
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http://www.iccd.beniculturali.it/getFile.php?id=5526
https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/mourning_and_cult_of_the_fallen_italy
https://www.guerra-allorizzonte.it/Orizzonte/memoria.html
https://www.storiologia.it/apricrono/storia/a1918j.htm
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IL MONUMENTO AI CADUTI DI VILLA D’ADDA
Questo monumento si divide in due parti:
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Una base (totalmente convenzionale) con la lapide ed i nomi dei Caduti.
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La statua in bronzo di un soldato che innalza ed offre un ramo d’ulivo.
Questa statua è stata realizzata da un artista della zona, Giuseppe Mozzanica.
Il ramo di ulivo è un indiscutibile simbolo di pace, mentre le armi del soldato, la baionetta, il fucile l’elmetto sono gettate a terra in un groviglio inestricabile con la polvere, le foglie morte e la vanga con cui il medesimo soldato ha scavato chissà quante trincee.
Non sono innalzate al cielo con un gesto tronfio di retorica, come in molti altri monumenti in stile pompiere, per celebrare la propaganda della vittoria.
È semplicemente evidente il rifiuto ed il totale disinteresse del reduce verso le armi finalmente abbandonate, la sua attenzione si concentra unicamente sul ramo di ulivo, sulla Pace ritrovata, e ad un primo sguardo sembra, volutamente, non essere subito evidente se questo ramo viene offerto agli astanti, all’Altissimo, o a tutti.
Sicuramente a tutti, quando lo si guarda bene.
Da notare che la corona di quercia e alloro della vittoria non è assente, ma è presente tenuta aderente al corpo dalla mano sinistra del reduce in una posizione poco visibile e affatto secondaria. Il messaggio è chiaro: al soldato tornato a casa vivo dalla guerra non gliene importa nulla della vittoria, gli importa della Pace e delle attività ad essa associate.
È piuttosto stupefacente che questo monumento sia stato accettato dalla commissione esaminatrice, ma nel luglio 1923, quando il monumento è stato inaugurato, il governo fascista non era ancora ben saldo e dopo, evidentemente, si è preferito non andare a toccare quanto era stato già fatto ed era entrato nei sentimenti popolari.
Da notare comunque come questo monumento non sia, anche inconsciamente, tuttora molto ben voluto dal cosiddetto “potere”: il sito ufficiale dei Beni Culturali lo attribuisce a tale Gazzaniga, ma Silvio Gazzaniga (creatore di bronzi molto meno “impegnati”, quale il trofeo della Coppa del Mondo FIFA) aveva meno di cinque anni quando questo monumento è andato in fonderia…
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Interessante pure come l’immagine del reduce che, dopo averne passate chissà quante ed essersi ritrovato più volte tra i superstiti, offre il ramo d’ulivo di Pace sia comune a più di una cultura antimilitarista.
Riportiamo ad esempio la famosa vignetta del maggio 1945 di Philip Zec, ebreo inglese decisamente antifascista e molto critico dell’establishment industrial-militare: “Here you are! Don’t lose it again – Eccola! Non perdetela di nuovo” in cui si vede un reduce ferito e disarmato in un panorama di morte e di rovine che offre la corona di alloro della vittoria (molto mentalità classe dominante inglese…) e della Pace agli astanti.
A dir poco molto attuale.
Here you are! Don’t lose it again. – Eccola! Non perdetela di nuovo.
https://www.pietredellamemoria.it/pietre/monumento-ai-prodi-caduti-per-la-patria-di-villa-dadda/
https://catalogo.beniculturali.it/Agent/000573e8bf12fad3a7fdc519ba4fbf07
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I MONUMENTI ANTIMILITARISTI DI ORTONA
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Ortona dopo l’8 settembre è stata protagonista della fuga del re e della fallita battaglia di sfondamento della Linea Gustav da parte dell’esercito canadese nel dicembre 1943.
La città è stata rasa al suolo e, tra Tedeschi, Canadesi ed Italiani, i caduti/vittime sono stati più di cinquemila.
Oltre ai monumenti ufficiali, come quelli del Cimitero Militare Canadese, tre altri monumenti, decisamente antimilitaristi, sono stati voluti e realizzati o accettati dalla popolazione di Ortona:
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La lapide che invoca “eterna maledizione” alla “monarchia dei tradimenti”.
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Il monumento ai caduti civili.
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Il monumento alle vittime (sic!) canadesi.
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