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“ISRAELE STA DISTRUGGENDO TUTTO QUANTO È BELLO”
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https://www.haaretz.com/israel-news/2023-12-26/ty-article-magazine/.premium/bombing-historical-sites-in-gaza-israel-is-destroying-everything-beautiful/0000018c-a565-df1f-a7bf-b7e53e8e0000?subtitle=true&ismobileapp=true?utm_source=App_Share&utm_medium=iOS_Native
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Questo articolo non viene da notiziari di “oltrecortina”, ma direttamente da Tel Aviv, dal quotidiano israeliano Haaretz, giornale da noi spesso citato, connesso al New York Times, noto per le sue posizioni di “sinistra” e, soprattutto, decisamente contrario agli insediamenti dei coloni in CisGiordania.
Haaretz è il terzo quotidiano israeliano come tiratura ed è considerato essere il più influente; nel corso di questa guerra di Gaza si sta facendo portavoce del profondo malessere, per non dire della schizofrenia, che permea una parte della società israeliana, parte purtroppo decisamente minoritaria.
Da un lato effettua denunce sulle azioni delinquenziali del governo israeliano e sui crimini di guerra in atto a Gaza; dall’altro non può esimersi dall’essere “israeliano” e dal descrivere gli Israeliani come i “buoni” per definizione e gli “altri” come “brutti, sporchi e cattivi, anzi cattivissimi”…
Una condizione di malessere profondo, per non dire di vera e propria schizofrenia.
In ogni modo questa condizione la constatiamo e la lasciamo loro molto volentieri.
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Il presidente di Israele, Isaac Herzog, dà una dimostrazione della banalità del male e scrive una “spiritosaggine” su un proiettile di artiglieria che sarà sparato su Gaza.
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Quanto ci interessa notare è che, a livello globale, le operazioni di “cancel culture”, di cancellazione della memoria storica, si stanno moltiplicando a tutti i livelli: dalla distruzione dolosa e voluta di monumenti del passato alla “revisione” della storia portata avanti con decisione dai vari sistemi mediatici.
Avevamo già scritto su questo sito una critica alla distruzione dei monumenti a Cristoforo Colombo effettuata in alcune città USAmericane, ricordando come questi monumenti fossero stati realizzati per volere se non degli ultimi, dei “penultimi”, dei “Dago” come sono chiamati gli Italo-Americani negli USA; comunità seconda solo agli Afro-Americani in questa graduatoria (e anche in quella dei linciaggi subìti, qualcuno laggiù si è divertito a stilare anche questa classifica).
Questi monumenti rappresentano un simbolo di riscatto e di integrazione per i discendenti degli immigrati e non è un caso che, in alcuni casi, siano state le comunità italo-americane a fermare fisicamente i manifestanti che volevano distruggerli in quanto dedicati ad un “colonizzatore schiavista”.
Definizione quest’ultima alquanto forzata perché è vero che Genova è stata il principale mercato di schiavi del Mediterraneo, ma ha sempre condiviso questa posizione con Bisanzio ed Algeri (dove i Genovesi potevano a loro volta essere oggetto della tratta) e nessuno aveva la più pallida concezione alla fine del XV Secolo degli sviluppi coloniali del successivo mezzo millennio.
Testimoniamo inoltre (per averli visti) che nel nord del Messico, paese in cui alla fine hanno vinto i nativi che ne sono la componente dominante e dove detestano la colonizzazione anglo-sassone, i monumenti a Cristoforo Colombo sono ben presenti in piazze principali; per i Messicani costituiscono un emblema della loro dignità nazionale nei confronti dei detestati “Gringos”, non certo un monumento ad un “colonizzatore schiavista”.
Ovviamente non diciamo nulla per quanto riguarda la asportazione dei monumenti ai generali della Confederazione schiavista del Sud; è un argomento che, come è giusto, lasciamo alle valutazioni della popolazione del luogo: con Cristoforo Colombo siamo direttamente e culturalmente coinvolti, con il generale “Stonewall” Jackson un po’ meno.
Stiamo constatando come i siti di una qualsiasi valenza culturale siano diventati i primi ad essere colpiti con ferocia quanto la situazione diventa di conflitto.
Purtroppo si può proprio dire che, se si vuole preservare e tramandare ai posteri un bene, è meglio non farlo proclamare Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO, si attira troppo l’attenzione di malintenzionati globali…
Senza stare a ricordare anche il bombardamento dell’Abbazia di Montecassino, questo lo abbiamo visto con la statua rupestre del Buddah di Bamiyan in Afganistan al tempo di Bin-Laden, con i tesori archeologici di Ninive ai tempi del cosiddetto “califfato”, con la orrenda morte data dall’ISIS all’anziano e colto direttore delle antichità di Palmira, Khaled al-Asaad, appeso ad una colonna romana torturato, come il Cristo durante la flagellazione, e decapitato,…
Ora lo stiamo vedendo con la lucida e voluta distruzione a Gaza dei siti storici da parte del “difensore dell’Occidente” che, secondo il MinCulPop mediatico nostrano, il governo israeliano sarebbe.
Tali azioni non sono “errori”, sono una voluta azione di annientamento del “nemico” attraverso la cancellazione non solo di alcune decine (o centinaia) di migliaia di vite, ma anche della sua memoria storica, della sua coscienza di sapere chi è e da dove proviene.
In questo modo, sia che si tratti di un “terruncello di periferia” di una nostra area metropolitana, televisionato e sempre connesso ai “social”, sia che si tratti di un “popolo inutile”, buono solo a concimare il terreno con i propri cadaveri, si ottiene il risultato di manipolare più facilmente tutti costoro e di rendere la situazione meglio gestibile da parte dei detentori del potere, sia esso economico, finanziario, coloniale, o altro.
La strategia è sempre la stessa della stupidità militare che non è capace di concepire nulla di diverso dal: “Là c’è il nemico. Pam! Pam!”.
Ma andiamo a leggere l’articolo di Haaretz e, in ogni modo, il venire a conoscenza che esistano persone come il dottor Dotan Halevy, l’archeologo Alon Arad e il giornalista Moshe Gilad ci fa sentire un poco meglio, con ogni evidenza non sono persone che coltivano la stupidità militare.
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Bergamo, 30.XII.2023
Marco Brusa
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