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Bergamo in Comune | Gennaio 10, 2025

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ISRAELE OTTERRÀ UNA VITTORIA STORICA NEL 2025, O NO?

ISRAELE OTTERRÀ UNA VITTORIA STORICA NEL 2025, O NO?

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Pubblichiamo una analisi diffusa da Russia Today relativa alla situazione israeliana dopo oltre un anno di guerra.

Se non vi collegate prima con Singapore o con il Paraguay non riuscirete ad aprire il relativo link qui sotto, visto che nella UE la censura sui siti internet stranieri è, da quasi tre anni, un fenomeno assodato.

In realtà non la si deve chiamare “censura” (non sia mai detto!), la definizione ufficiale è che si tratta di “interventi dell’UE contro la disinformazione, minaccia crescente per le democrazie europee”, per cui è stato redatto il “Piano d’azione per la democrazia europea” che “comprende azioni volte a migliorare gli strumenti esistenti dell’UE per contrastare le interferenze straniere, quali l’imposizione di ammende e gli orientamenti per rafforzare il codice di condotta sulla disinformazione”.

https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/new-push-european-democracy/protecting-democracy/strengthened-eu-code-practice-disinformation_it

Ma lasciamo perdere, almeno fino a quando non verranno a cercarci, e passiamo alla traduzione di questo articolo che si può leggere in originale solo collegandosi a server di posti come Istanbul, Città del Messico, Bogotà, etc.

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https://www.rt.com/news/610471-israel-2025-victory-middle-east/

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L’autore è Robert Inlakesh, analista politico, giornalista e documentarista che attualmente vive a Londra, nel Regno Unito.

Ha scritto e vissuto nei territori palestinesi e attualmente lavora con Quds News ed è direttore di “Steal of the Century: Trump’s Palestine-Israel Catastrophe”.

Scrive regolarmente su Tehran Times e su The Cradle, rivista di notizie online lanciata nel 2021 che, secondo quanto viene definita si concentra sulla geopolitica dell’Asia Occidentale e mira a fornire approfondimenti, analisi e opinioni sulla storia, la cultura e la politica della regione, offrendo una piattaforma per voci spesso non ascoltate nel “mainstream media”.

The Cradle viene definita mancare di trasparenza in quanto la proprietà non è stata rivelata, in ogni modo il suo sito è registrato negli Stati Uniti.

Valutate un po’ voi.

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Rimarchiamo anche come proprio oggi un esponente della sinistra, comunque sionista, israeliana, Uri Misgav, scriva:

“Quello che era iniziato come un terribile trauma e una giustificata guerra di difesa si è trasformato in una campagna di uccisioni e vendette che non ha fine.

In che modo questo contribuisce alla sicurezza dello Stato e dei suoi cittadini?

La perdita della propria umanità, la svalutazione della vita umana e la disumanizzazione degli arabi hanno un pesante prezzo interno, non a causa del tribunale dell’Aia, ma a causa del sacrificio di ostaggi e soldati, e a causa di quello che siamo diventati.

L’esame di coscienza e i dilemmi morali delle generazioni precedenti appaiono come un’illusione crepuscolare lontana, che è stata dimenticata.

Questa è la vittoria totale dei nemici dell'”israelianità”, dai nemici morti Sinwar e Nasrallah al nostro politico di destra radicale Smotrich, che questa settimana ha spiegato che “le città di Nablus, al-Funduq e Jenin [in Cisgiordania] devono assomigliare a Jabalya”.

Ora (noi Israeliani) siamo diventati Hamas.

https://www.haaretz.com/opinion/2025-01-09/ty-article-opinion/.premium/israel-turned-a-justified-war-of-defense-into-an-unjustifiable-campaign-of-killing/00000194-47dd-d8e2-a59c-fffd8c4e0000?utm_source=mailchimp&utm_medium=email&utm_content=author-alert&utm_campaign=Uri+Misgav&utm_term=20250109-05:20

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Ed ora a voi l’analisi di Robert Inlakesh su Russia Today.

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Bergamo, 10.I.2025

Marco Brusa

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TUTTE LE CONQUISTE MILITARI DELL’ANNO SCORSO POTREBBERO DIMOSTRARSI ESSERE DI PIRRO

Nel tentativo di rivitalizzare la sua potenza, Israele sta inseguendo una vittoria paragonabile a quella che ha ottenuto nel giugno del 1967 i cui obiettivi sono ridisegnare i confini, schiacciare l’opposizione e affermare il suo dominio in tutta l’Asia occidentale; ma questo modo di agire può ritorcerglisi tremendamente contro a causa dell’incoscienza con cui viene attuato.

Dopo il totalmente inatteso attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, Israele è stato scosso dalle fondamenta per la prima volta dalla sua fondazione nel 1948.

L’offensiva armata palestinese da Gaza ha fatto crollare lo status quo, non solo per gli Israeliani, ma anche per gli Stati Uniti e per i loro progetti in tutta l’Asia occidentale.

Prima della guerra, Hamas, che governava il territorio assediato di Gaza, stava assistendo a una lenta transizione politica a livello regionale, sia all’interno di Israele che attraverso l’evaporazione della causa palestinese per la liberazione nazionale.

Nel settembre del 2023, sia il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, hanno espresso pubblicamente le loro intenzioni di rimodellare la regione.

L’obiettivo di Washington era quello di arrivare ad un accordo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita che avrebbe facilitato la realizzazione di un corridoio economico India-Medio Oriente-Europa.

Nel frattempo, il panorama sociopolitico israeliano stava vivendo un cambiamento a dir poco tettonico.

La questione interna israeliana sulle accuse giudiziarie al governo guidato da Netanyahu si era trasformata in una battaglia profondamente polarizzante sul fatto che Israele sarebbe diventata una teocrazia o una nazione laica.

In mezzo a questo tumulto, gruppi sempre più rilevanti di sionisti religioso-nazionalisti hanno minacciato di impadronirsi del terzo luogo più sacro della fede islamica, la moschea di al-Aqsa.

Essendo a malapena una forza combattente che si trova ad affrontare un esercito moderno dotato delle più recenti tecnologie militari, Hamas non avrebbe mai potuto vincere combattendo la sua battaglia da solo, eppure ha deciso di effettuare questa offensiva.

I suoi obiettivi primari erano punire Israele per le sue violazioni dei Luoghi Santi a Gerusalemme e di eseguire un importante scambio di prigionieri.

Ma quello che ha finito per fare è stato innescare una catena di eventi che sta alterando il corso della storia.

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UN “NUOVO MEDIO ORIENTE”

Durante il suo discorso alle Nazioni Unite, nel settembre del 2023, il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva proposto un “Nuovo Medio Oriente” e oggi parla ancora di raggiungere questo obiettivo.

Dopo il 7 ottobre 2023, gli israeliani hanno trovato la loro scusa per risolvere finalmente la “questione Gaza”.

Nel 2005, l’ex primo ministro israeliano Ariel Sharon aveva ritirato i soldati dell’IDF e i coloni illegali dal territorio, ponendolo sotto un assedio che sarebbe stato severamente rafforzato nel 2007.

Nel 2008-2009, l’allora primo ministro israeliano, Ehud Olmert, aveva lanciato la prima grande guerra contro il territorio e aveva sviluppato un piano per affamare lentamente la popolazione civile mettendola “a dieta”.

La guerra israeliana del 2014, sotto Netanyahu, ha dimostrato che la questione di Gaza può essere risolta solo in due modi: dialogo o guerra totale.

Nemmeno più di cinquanta giorni di bombardamenti e una invasione via terra sono riusciti a sradicare Hamas e costringerlo ad arrendersi.

Nel 2020, gli esperti delle Nazioni Unite avevano dichiarato il territorio inabitabile.

Durante l’attacco guidato da Hamas nel 2023, Israele è stato privato di uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda la sua ideologia sionista, ovvero poter proteggere la sua popolazione ebraica meglio di qualsiasi altro Stato.

Improvvisamente, l’illusione dell’invincibilità di Israele è svanita e ha minacciato di trascinare verso il basso la proiezione di potenza degli Stati Uniti.

Se la potenza dell’esercito israeliano si fosse dimostrata inutile e l’America non fosse riuscita a salvarlo, cosa avrebbero fatto l’Arabia Saudita o le altre nazioni arabe alleate degli Stati Uniti?

Israele, quindi, con il pieno sostegno americano, ha deciso di lanciare una campagna di sterminio a Gaza.

Non ci sono regole, nessuna pietà e nessuna reale prospettiva di negoziato fino alla vittoria totale.

Anche se il governo degli Stati Uniti alla fine ha cambiato il proprio tono per dimostrare un minimo di cura per la vita civile, ha espresso questo sentimento continuando a inviare le armi per essere sicuro che molti cadaveri palestinesi si accumulino nelle strade di Gaza.

Fino al settembre del 2024, l’Iran sembrava essere l’attore più forte dell’Asia occidentale.

Il suo alleato Hezbollah lanciava attacchi quotidiani contro le posizioni militari israeliane e ha provocato la fuga di circa centomila israeliani, mentre l’esercito di Tel Aviv rimaneva impantanato a Gaza e continuava a subire vittime.

Nel frattempo, anche le milizie alleate di Teheran in Iraq e gli Houthi dello Yemen hanno colpito Israele.

Ma questa strategia di guerra di logoramento dell’Asse della Resistenza di Teheran ha mancato di immaginazione e ha dato agli Israeliani e agli USAmericani il tempo di escogitare una serie di azioni per smantellare ciascuno dei fronti individualmente.

Israele ha messo alla prova i limiti dell’Iran attraverso assassinii calcolati di figure di alto livello appartenenti al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC).

Ha poi deciso di assassinare l’alto ufficiale militare di Hezbollah Fouad Shukr a Beirut, seguito ore dopo dall’uccisione del leader di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran.

La risposta che è arrivata in seguito da Hezbollah è stata molto tiepida, calcolata per allentare le tensioni, mentre l’Iran ha deciso di astenersi dal contrattaccare.

Sebbene questa strategia avesse lo scopo di prevenire una più ampia conflagrazione regionale, ha finito per servire solo come via libera per Israele per un’ulteriore escalation.

Benjamin Netanyahu e il resto della sua leadership hanno deciso di sfruttare l’esitazione che era evidente e di scoprire il bluff dell’Iran.

Il 17 settembre, migliaia di cercapersone esplosivi sono esplosi simultaneamente in tutto il Libano, ferendo e uccidendo civili e membri di Hezbollah.

Questo evidentemente è servito come un duro colpo per le comunicazioni dei gruppi libanesi, mentre ha inorridito l’opinione pubblica con quello che anche l’ex capo della CIA, Leon Panetta, ha descritto come terrorismo.

Anche dopo questo colpo, sembrava che Hezbollah non fosse comunque pronto a iniziare una guerra totale.

Tuttavia, gli israeliani non avevano ancora finito con la loro aggressività e hanno deciso di lanciare una campagna di omicidi che ha sterminato la maggior parte dei dirigenti del gruppo, incluso il segretario generale, Seyyed Hassan Nasrallah.

Anche se l’esercito israeliano non è riuscito a ottenere molto sul terreno nel sud del Libano, il danno era già fatto e Hezbollah è stata lasciata a combattere una battaglia per la quale non era preparata, con l’inevitabile risultato di una situazione di stallo.

Il 27 novembre è entrato in vigore un cessate il fuoco israelo-libanese, seguito quasi immediatamente da un’offensiva lanciata dalla provincia siriana di Idlib da una miriade di gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al-Sham (HTS).

La caduta del governo di Bashar Assad a Damasco ha ora portato alla rottura dei trasferimenti di armi a Hezbollah, mentre gli israeliani continuano a invadere e occupare le terre siriane senza trovare resistenza.

Israel Katz, il nuovo ministro della Difesa di Netanyahu, ha subito dichiarato: “Abbiamo sconfitto Hamas, abbiamo sconfitto Hezbollah, abbiamo accecato i sistemi di difesa iraniani e danneggiato i loro sistemi di produzione (di armi), abbiamo rovesciato il regime di Assad in Siria”.

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TROPPO E TROPPO PRESTO?

Mentre Israele ha polverizzato Gaza, ha eliminato l’alta dirigenza di Hezbollah e gli è stato concesso il libero ingresso in Siria senza nemmeno una condanna da parte del nuovo governo guidato da HTS, non ha comunque raggiunto la sua desiderata “vittoria totale”.

L’economia di Israele è stata gravemente danneggiata, la sua società è profondamente divisa e persino le sue forze armate sono in uno stato di esaurimento.

Senza il costante rifornimento di armi da parte dei suoi alleati dell’Occidente, non c’è modo di sostenere la loro attuale strategia offensiva.

Anche se il fronte libanese è stato messo in pausa, le quotidiane violazioni del cessate il fuoco israeliane e il rifiuto di ritirarsi dal sud del paese, indicano che la guerra potrebbe riaccendersi in qualsiasi momento.

Oltre a questo, i due obiettivi pubblicamente dichiarati della guerra di Gaza, secondo la leadership israeliana – il ritorno dei cittadini israeliani rapiti e la distruzione di Hamas – non sono stati raggiunti.

 Quello che è stato fatto a Gaza ha anche tolto ad Israele la sua legittimità internazionale e lo ha reso uno stato canaglia “de facto” agli occhi di gran parte dell’opinione pubblica globale.

In Cisgiordania, il governo israeliano cerca anche di attuare piani per annettere ampie aree di territorio, in un momento in cui infuria un conflitto intestino tra un’Autorità Palestinese (ANP) priva di legittimità e movimenti armati locali che si sono formati per affrontare il loro occupante.

Nel frattempo, il governo guidato dagli Houthi con sede nella capitale dello Yemen, Sana’a, continua a confrontarsi con Israele con raffiche di missili balistici e droni, che gli attacchi aerei israeliani contro le infrastrutture civili dello Yemen non riescono ad interrompere.

Sul fronte iraniano, c’è ancora la minaccia che la potenza missilistica dell’esercito iraniano possa sferrare un colpo schiacciante contro le infrastrutture chiave di Israele nel caso in cui venga intrapresa un’azione diretta contro di esso.

Attualmente esistono innumerevoli fronti che possono accendersi contro una Israele sotto assedio.

Il destino della Siria è ancora incerto e la possibilità che decida una risposta armata è sempre viva.

Nella vicina Giordania esiste anche la prospettiva di disordini, che potrebbero riversarsi oltre il confine israeliano.

Come reazione alle tensioni alla moschea di Al-Aqsa e all’interno della Cisgiordania occupata provocate dalla coalizione di estrema destra di Benjamin Netanyahu, è sempre presente anche la possibilità di un’insurrezione che potrebbe scoppiare in modo spontaneo.

È vero che Israele ha ottenuto vittorie che vanno oltre il campo delle possibilità discusse solo pochi mesi fa nei circoli degli analisti, ma queste potrebbero rivelarsi tutte di Pirro.

Il caos è stato ora scatenato in Asia Occidentale e, lungi dall’attuare misure per stabilizzare la situazione, Israele cerca l’espansionismo e sta cercando di ridefinire completamente la visione sionista, ma un errore o una valutazione sbagliata potrebbero di colpo far precipitare Israele in una lotta esistenziale per la sopravvivenza.

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