No Comments
DOLLARO, NATO, CINA-RUSSIA, EUROPA, UCRAINA E PALESTINA
.
IL FORUM DEI BRICS DÀ FILO DA TORCERE ALLA BANDA DEL FMI
Pubblichiamo la traduzione di un articolo apparso il 22 ottobre su Asia Times, quotidiano di Hong Kong di cui abbiamo già più volte parlato, che è un connubio tra economia pianificata ed economia neo-liberista e che, soprattutto, ha la interessante caratteristica che molto di quanto anticipa poi si scopre che si è avverato.
Interessante che un articolo come quello a seguire lo si debba andare a cercare “all’altro capo del mondo” e che sia, semplicemente e totalmente impossibile, trovare analisi del genere nelle pagine economiche dei maggiori quotidiani del MinCulPop nostrano, tutti tesi a raccontare i “luminosi destini” delle economie occidentali e totalmente sordi e muti nei confronti degli eventi reali che stanno cambiando il mondo in cui viviamo.
Non esiste peggior sordo di chi non vuole sentire.
In questo articolo la conflittualità, per non dire incompatibilità, tra BRICS e Fondo Monetario Internazionale (FMI) non viene più taciuta, ma viene posta bene in evidenza e si sottolinea come per le economie in Occidente sprezzantemente definite “del Terzo Mondo” i BRICS con la loro politica monetaria ed economica suscitino una notevole attrattiva.
Non si ha il coraggio di dire apertamente che la politica economico-finanziaria dell’Occidente neo-liberista sta avvicinandosi ad una crisi epocale, come quella delle varie bancarotte dei sovrani assolutisti europei nel XVIII Secolo, ma implicitamente questo possibile evento viene adombrato e non viene minimamente escluso, anzi…
.
William Pesek è un editorialista di Tokyo che pubblica opinioni e commenti su economia, affari, mercati e politica in tutta l’Asia.
I suoi articoli appaiono regolarmente in pubblicazioni in tutto il mondo ed è stato editorialista per Barron’s, scrivendo di economia globale, politica e mercati finanziari.
È stato il vincitore del premio 2010 della Society of American Business Editors and Writers (SABEW) per il suo lavoro per la Nikkei Asian Review, ora nota come Nikkei Asia.
.
Montpellier (Francia), 24.X.2024
Marco Brusa
.
.
https://asiatimes.com/2024/10/brics-summit-gives-imf-gang-run-for-its-money/
.
IL FORUM DEI BRICS DÀ FILO DA TORCERE ALLA BANDA DEL FMI
Il disfacimento dell’ordine guidato dall’Occidente diventa in piena evidenza ora che i BRICS si riuniscono in Russia e danno all’analogo forum FMI in corso negli Stati Uniti una vera e propria sberla economica.
Questa settimana ci sarà un incontro del Fondo Monetario Internazionale impegnativo, teso e carico di sfide, a Washington.
Lì, i notabili dell’economia si troveranno di fronte a un numero sconcertante di questioni scottanti che vanno dal rallentamento della Cina alla recessione della Germania, dai rischi geopolitici a bizzeffe ad una elezione americana in bilico che dappertutto sta mettendo alla prova i nervi di chiunque.
A questo aggiungete gli avvertimenti del FMI sulla bomba a orologeria del debito pubblico ormai pari a cento triliardi (migliaia di miliardi) di dollari.
Sorprendentemente, Washington potrebbe ospitare il secondo incontro economico di maggior impatto di questa settimana, mentre l’evento più importante sarà a Mosca (Kazan – NdR), dove le Nazioni dei BRICS terranno il loro vertice annuale.
Solo pochi anni fa, molti esperti pensavano che il raggruppamento di Brasile, Russia, India e Sudafrica fosse destinato a diventare un baraccone.
Nel 2001, Jim O’Neill, allora economista di Goldman & Sachs, ha coniato l’acronimo BRIC e nel 2010 ai quattro membri originari si è aggiunto il Sudafrica.
Negli anni successivi, i BRICS sembravano avere perso la spinta propulsiva e, in un rapporto del 2019, Standard & Poor’s aveva addirittura affermato che il blocco aveva perso rilevanza.
Più o meno nello stesso periodo, lo stesso O’Neill ha scritto alcune relazioni sulla sua creazione: “La traiettoria economica divergente a lungo termine dei cinque paesi indebolisce la possibilità razionale di considerare i BRICS come un raggruppamento economico coerente. Io stesso ho occasionalmente scherzato sul fatto che forse avrei dovuto chiamare l’acronimo ‘IC’ sulla base della chiara delusione fornita delle economie brasiliana e russa nell’attuale decennio dal 2011, dove entrambe hanno chiaramente avuto sviluppi significativamente minori rispetto a quanto stabilito per le previsioni fino al 2050”.
Eppure da allora i BRICS hanno ritrovato un bel po’ del loro ritmo e si stanno espandendo, aggiungendo cinque nuovi membri.
Questa settimana, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti si uniranno ai Paesi fondatori.
Mariel Ferragamo, analista del Council on Foreign Relations, osserva che “l’aggiunta di Egitto ed Etiopia amplificherà le voci provenienti dal continente africano e l’Egitto aveva anche stretti legami commerciali con la Cina e l’India e legami politici con la Russia”.
Come nuovo membro dei BRICS, l’Egitto “cerca di attrarre più investimenti e migliorare la sua economia malconcia”, osserva Ferragamo. “La Cina ha a lungo corteggiato l’Etiopia, la terza economia più grande dell’Africa sub-sahariana, con miliardi di dollari di investimenti per rendere il paese un hub della sua Belt and Road Initiative. L’ingresso dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti porta le due maggiori economie del mondo arabo e il secondo e l’ottavo produttore di petrolio a livello globale”.
.
.
La tempistica di questa espansione coincide con una dei principali obiettivi strategici dei BRICS: la de-dollarizzazione.
A febbraio, i BRICS hanno svelato i piani per creare una “piattaforma multilaterale di regolamento e pagamento digitale” chiamata BRICS Bridge, che “aiuterebbe a colmare il divario tra i mercati finanziari dei paesi membri dei BRICS e ad aumentare il commercio reciproco”.
I rapporti suggeriscono che l’incontro di questa settimana lancerà una nuova strategia per accelerare gli sforzi per sostituire il dollaro USA.
Udith Sikand, analista di Gavekal Dragonomics, osserva che un’idea è quella di una valuta BRICS sostenuta dall’oro: “Sembra improbabile che una valuta possa superare questo vincolo vincolante per sostituire completamente il ruolo centrale del dollaro USA”.
“Tuttavia, è plausibile che in un mondo sempre più multipolare, un’ampia gamma di valute possa collettivamente intaccare il suo ruolo ormai fuori misura. L’implicazione logica di un tale cambiamento sarebbe che, sebbene il dollaro rimanga vitale per il commercio globale e i flussi di capitale, la sua tendenza ad essere un rifugio sicuro in tempi di crisi diminuirebbe man mano che agli investitori sarà offerta la possibilità di scegliere tra una serie di alternative”.
E per questo, l’Occidente deve rendersi conto di quanto stia rendendo le cose sempre più facili per i BRICS: la loro apertura alle Nazioni del Sud del mondo è, dopo tutto, conseguenza delle azioni della banda di Bretton Woods che ha rovinato le loro economie individuali e, per estensione, il sistema globale.
Consideriamo gli Stati Uniti: sono nel caos politico in un momento in cui il debito nazionale ha superato i trentacinque triliardi di dollari.
I rischi posti dalle prossime elezioni del 5 novembre hanno messo in allarme le società di rating del credito, in particolare Moody’s Investors Service, che è l’ultima ad assegnare a Washington un grado AAA (piuttosto casalinga questa valutazione, sempre propagandata con risalto dalle pagine economiche dei quotidiani del MinCulPop nostrano -NdR).
La Germania è in crisi ed evidenzia i venti contrari che gravano sul continente europeo.
Come afferma il Ministero dell’Economia tedesco: “la debolezza economica probabilmente continuerà nella seconda metà del 2024, prima che lo slancio di crescita aumenti gradualmente di nuovo l’anno prossimo”, aggiungendo che i rischi di “recessione tecnica” abbondano.
Il livello di preoccupazione può essere visto nella mossa della Banca Centrale Europea della scorsa settimana di tagliare i tassi per la terza volta quest’anno.
Michael Krautzberger, responsabile degli investimenti di Allianz Global Investors, afferma che “questa ripresa dei tagli dei tassi è giustificata in quanto l’andamento attuale, caratterizzato dalla crescita al di sotto delle previsioni dell’euro e dall’inflazione tornata più o meno sotto controllo, depone a favore di una politica monetaria molto meno restrittiva di quanto non fosse prima avvenuto”.
Krautzberger aggiunge che “ci sono alcune speranze che il recente sostegno politico cinese aiuterà i mercati sensibili al commercio come la Germania, ma dubitiamo che questo sarà sufficiente a compensare il debole quadro della domanda interna nella regione. Esiste anche il rischio che, dopo le prossime elezioni americane di novembre, i conflitti commerciali possano tornare nell’agenda politica, non solo tra Stati Uniti e Cina, ma anche con l’UE, presentando ulteriori rischi di crescita al ribasso”.
A peggiorare le cose, i livelli di debito pubblico a livello globale sono destinati a raggiungere i cento triliardi di dollari quest’anno, grazie in gran parte all’indebitamento degli Stati Uniti e della Cina.
«Le nostre previsioni indicano una combinazione spietata di bassa crescita e debito elevato: un futuro difficile», afferma la direttrice generale del FMI, Kristalina Georgieva, “I governi devono lavorare per ridurre il debito e ricostruire le riserve per il prossimo shock, che sicuramente arriverà, e forse prima di quanto ci aspettiamo”.
Tali livelli di debito impensabili sono una minaccia chiara e attuale per il sistema finanziario globale. Come scrivono gli analisti del FMI in un recente rapporto: “Gli elevati livelli di debito e l’incertezza che circonda la politica fiscale in Paesi di importanza sistemica, come la Cina e gli Stati Uniti, possono generare ricadute significative sotto forma di costi di finanziamento più elevati e rischi legati al debito in altre economie”.
.
.
Submit a Comment