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DELLA “CICLOVIA CULTURALE” BERGAMO – BRESCIA NONCHÉ… DI UNA POCO GRADITA “SCAALCADA” (CAVALCATA) DURATA SECOLI
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Riceviamo e pubblichiamo da Alternainsieme di San Paolo d’Argon.
Ci permettiamo solo di aggiungere che nel depliant pubblicitario di questa “ciclovia culturale è presente una lacuna che un qualsiasi ciclista metropolitano nota immediatamente: non è presente una curva altimetrica, semplicemente molto necessaria per chi pedala.
Possiamo solo auspicare che si tratti di una semplice dimenticanza e non di un indizio che i progettisti siano dei convinti “motorizzati” che non usano la bicicletta da quando hanno capito che senza le due rotelline posteriori non avrebbero mai imparato a stare in equilibrio…
Troppe piste ciclabili metropolitane danno l’impressione di essere state progettate da gente che in bicicletta non va e non c’è mai andata.
Basti dire che all’ultima riunione della “partecipazione” del comune di Bergamo relativa al PGT in cui si è parlato anche di Piano Urbano di Mobilità Sostenibile (PUMS) tenutasi al Polaresco sabato 02 ottobre nel parcheggio erano presenti una trentina di auto, una dozzina di ciclomotori ed una, dicesi una, bicicletta (quella del redattore di questa introduzione all’articolo di Alternainsieme).
Molto significativo…
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https://www.comune.brescia.it/news/2021/febbraio/Documents/2021.02.24_Ciclovia%20BG-BS.pdf
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Ci è capitato sottomano il depliant della “Ciclovia culturale” che le città di Bergamo e di Brescia, designate come capitali della cultura per il 2023, intendono realizzare per collegarsi fra di loro attraverso un percorso che dovrebbe riguardare i numerosi beni culturali dispiegati nel territorio tra i due capoluoghi.
Un percorso di 75 km più altri 70 di “anelli”, cioè piste secondarie per raggiungere località interessanti che si discostano dal tracciato principale.
Ci sarebbero molte cose da dire, ma da buoni sampaolesi ci limitiamo a constatare con amarezza che il nostro paese non è toccato né dal percorso principale né da alcuno degli anelli secondari previsti e che il nostro Comune non fa parte del progetto.
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Fino a ieri davamo per scontato che questa Ciclovia (sospendiamo per un momento il giudizio sulla sua urgenza: con il CoViD ancora in corso sarebbe stato meglio occuparsi di altro!) avrebbe seguito il tracciato più antico del collegamento viario tra Bergamo e Brescia, quello di origine romana che interessa anche il territorio del nostro comune nella estremità sud in corrispondenza della Via Fabio Filzi (Via Don Canini nel comune di Albano Sant’Alessandro), ora ridotta a poco più di una strada campestre, pressoché privatizzata e sbarrata quando passa davanti alla Montello Spa.
Per secoli, forse per quasi due millenni, da lì passavano fino all’Ottocento gli spostamenti e i traffici tra Bergamo, ValCalepio e Valcavallina, Franciacorta e così via fino a Brescia, e viceversa.
Niente: la Ciclovia Culturale passa a sud, Brusaporto, Bagnatica, Costa Mezzate e risale poi a Montello, ma nessun collegamento col nostro paese, che pure qualcosa di importante sul piano storico e culturale ce l’ha, cioè in particolare il nostro Monastero di origine cluniacense per la cui salvaguardia e valorizzazione qualche anno fa sono stati spesi una barcata di soldi, anche pubblici.
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Da anni un po’ di energie e pure qualche quattrino si è speso – seppure con esiti discutibili o comunque ancora parziali– anche per le piste ciclabili nel nostro territorio; e parole se ne stanno spendendo anche in questa campagna elettorale giunta alle sue ultime battute. Un minimo di attenzione e iniziativa da parte della Amministrazione Comunale forse ci avrebbe permesso di non rimanere del tutto fuori dalla operazione della Ciclovia Bergamo Culturale, tant’è che il collegamento ciclabile tra San Paolo d’Argon e Montello (dove appunto passa il percorso principale) c’è già.
Nulla di grave, certamente, ma se invece di parlare a vanvera si prendessero le iniziative giuste al momento giusto, probabilmente la nostra comunità ne avrebbe qualche vantaggio.
Tra l’altro, sarebbe stata l’occasione buona per ricordare una vicenda che si è svolta per secoli a San Paolo d’Argon fino al punto di lasciare una traccia pure nel nostro lessico dialettale locale, vicenda curiosa che anche qui non è del tutto fuori posto ricordare.
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Si sa che al Monastero di San Paolo d’Argon a partire dagli inizi del Cinquecento si fermavano “nel transito per alloggio il Podestà e il Capitano nel venire e partire dal reggimento di Bergamo”. Si trattava dei magistrati nominati dalla Repubblica di Venezia per il governo della bergamasca e, tanto all’inizio quanto alla fine del loro mandato, era consuetudine che il ricco e potente Monastero di San Paolo d’Argon offrisse alle autorità venete e al loro numeroso seguito sontuosi banchetti, che duravano probabilmente più giorni.
Siccome a quei tempi ci si muoveva a cavallo sull’antico percorso da Bergamo o da Venezia passando per Brescia, questa usanza veniva chiamata “scaalcada”. Ben accolta dai monaci benedettini nei primi tempi, perché tale usanza garantiva al Monastero molto prestigio e soprattutto i favori della Repubblica di Venezia, con l’andare del tempo l’usanza divenne sempre meno gradita visti gli oneri che venivano a gravare sul Monastero e sui contadini, ma comunque – malgrado le resistenze e le opposizioni legali dei monaci – la “scaalcada” si ripetè quasi fino alla fine del dominio Veneto sulla bergamasca. (*)
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Ancora oggi dopo secoli una piccola parte degli anziani e delle anziane di San Paolo d’Argon chiama “scaalcada” – termine con connotazioni fortemente negative – le autorità e le persone potenti che si riuniscono in consesso in particolare per banchetti o simili eventi.
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San Paolo d’Argon (BG), li 30.09.2021.
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Maurizio Mazzucchetti per Alternainsieme.net
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(*) Si rimanda a M. Sigismondi, “San Paolo d’Argon e il suo Monastero. 1079-1979”, 1979, pp. 97 – 99.
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