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Bergamo in Comune | Dicembre 22, 2024

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COVID 19: EMERGE UN ALTRO PEZZO DI VERITÀ

COVID 19: EMERGE UN ALTRO PEZZO DI VERITÀ

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VI sono delle novità su ciò che è successo a Bergamo durante l’inizio della pandemia Covid 19.

In un articolo di La Verità, pubblicato casualmente mentre si avvicinano le elezioni Europee e le comunali di Bergamo, si scoperchiano gli altarini e si trova la conferma di quello che abbiamo sempre denunciato sin dal primo giorno, le collusioni tra politici (e che politici) e l’imprenditoria orobica confindustriale. Quella imprenditoria tra l’altro che probabilmente il Covid lo ha portato in Val Seriana non interrompendo i suoi rapporti con la Cina quando erano vietati tassativamente usando ogni sotterfugio possibile per non subire un danno economico.

Certo manca un pezzo: quello delle pressioni confindustriali sul centrodestra e regione Lombardia. Questo un po’ perché la fonte utilizzata sono intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite sul sindaco Gori in relazione ad un’altra inchiesta relativa a uno scandalo pre-Covid che vedeva il comune di Bergamo invischiato in una brutta vicenda relativa ai centri di accoglienza per migranti (sospetti poi risultati pare infondati) un po’ perché certo il cuore dei giornalisti della Verità non batte certo a sinistra.

Il quadro che ne esce è senza dubbio di gravi responsabilità sia della classe imprenditoriale che politica. A prescindere dagli esiti giudiziari, tuttavia, questo materiale mantiene ancora oggi una notevole rilevanza politica.

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Tanto per cominciare, dalla ricostruzione (forse parziale ma comunque indicativa) di quei primi spaventosi giorni nella bergamasca, emerge l’ombra di un caos totale che lascia allibiti. I politici si muovevano senza sapere dove dirigersi e come comportarsi, le comunicazioni erano difficili e confuse. Di utilizzare gli strumenti adeguati – ovvero i piani pandemici – nemmeno a parlarne: pare che tutto sia stato fatto basandosi sull’emotività e a salvaguardia di precisi interessi economici più che sulla ragione e la razionalità. Se ne ricava un’immagine di una classe imprenditoriale e politica scadente e meschina le cui scelte hanno contribuito a determinare ed aggravare una situazione già tragica.

“Dalle carte visionate dalla Verità, effettivamente, emergono le pressioni e gli intrecci tra la classe imprenditoriale e la classe politica lombarda in quei giorni fatidici del 2020.

La ricostruzione degli inquirenti comincia il 21 febbraio (cioè la settimana prima del fine settimana in cui Gori regalava biglietti del trasporto pubblico a chi vi recava a fare spese in centro e Confindustria bergamasca varava video di propaganda su Bergamo che correva e dove si smentiva la presenza di alcun problema pandemico– ndr), quando il sindaco di Bergamo, Gori, parla al telefono con Massimo Giupponi, direttore dell’ATS e viene informato da quest’ultimo di un imminente confronto con il direttore della locale Confindustria, Paolo Piantoni.

Parlando con Alberto Ceresoli, direttore dell’Eco, Gori lo conferma: lui spera «che Bergamo non venga inquadrata in zona rossa, ma solamente gialla» (dimostrando di essere quindi cosciente della reale situazione pandemica – ndr)

Il 25 febbraio, (martedì alla vigilia della cena della giunta di Bergamo nella pizzeria da Mimmo tesa a rassicurare i cittadini a dimostrazione che non vi era alcun pericolo – ndr) il primo cittadino di Nembro, Claudio Cancelli (del PD – ndr), riferisce al sindaco (di Bergamo – ndr) di essere stato contattato da Pierino Persico (e grande sostenitore di Renzi – ndr), presidente dell’omonimo gruppo, famoso per aver realizzato lo scafo di Luna Rossa, «in quanto preoccupato per la chiusura dell’attività produttiva»”.

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Qui entra in gioco Elena Carnevali, già deputata democratica (ora candidata a sindaco di Bergamo – ndr).

ll 4 marzo del 2020, infatti, troviamo traccia di una chiamata della Carnevali a Gori.

La deputata (che l’08 luglio 2021 ha demolito con Ribolla della Lega la commissione parlamentare di inchiesta sul Covid – n.d.r.) “rivela al sindaco di essere stata raggiunta sempre da Persico, «il quale la esortava di far sì che le zone industriali venissero escluse dal provvedimento di chiusura»”.

Naturalmente La Verità racconta la sua verità, facendo un’inchiesta a senso unico sul centro sinistra guarda caso alla vigilia delle comunali e Europee dove molti di questi personaggi sono parte in causa. Vi sono poche allusioni al sindaco leghista di Alzano Lombardo le cui posizioni contrarie alla zona rossa sono all’epoca apparse sui giornali. Per non parlare del Ribolla in predicato per mesi di essere il candidato leghista alla poltrona di sindaco di Bergamo, pur essendo un incompetente manifesto. Evidentemente la Lega gli deve qualche cosa…. Poco anche sul ruolo e l’intreccio tra industriali e Regione Lombardia (governata dal Centrodestra), ma magari nelle prossime puntate dell’inchiesta sapremo su questo forse di più.

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Persico arriva addirittura a lamentarsi con Gori del fatto che l’assessore regionale Gallera “vorrebbe chiudere l’intera Lombardia” (ma anche questa non si fece e invece venne varata la famosa zona arancione per tutta l’Italia). Gori cerca di fare cambiare idea all’inossidabile Persico segnalandogli che ci “sono ormai molti morti”. Anche se il giorno dopo rassicura il patron della Brembo Bonbassei (suo grande sponsor 50.000 euro versati tramite la moglie di sostegno alla sua campagna elettorale per le comunali di Bergamo) che ci “sarebbe un accordo tra Fontana e Bonometti in cui veniva definito quali aziende chiudere e quali no”, accordo che salvaguardia alcune grandi imprese come la sua Brembo e la Tenaris dei Rocca, chiudendo solo le medie e piccole imprese

Un dato mi sembra significativo a un certo punto la politica, attorno al 10 marzo 2020, siamo nell’occhio del ciclone la gente muore a cataste e le sirene delle ambulanze e le campane a morto scandiscono il passare delle ore, cambia rotta.  Infatti il 12 marzo la situazione è ormai totalmente fuori controllo e scatta la famosa zona arancione, con l’esclusione delle aziende di alcuni codici Ateco quelle assolutamente necessarie. Su questa vicenda dei codici Ateco, a riprova del livello di meschinità della classe imprenditoriale Orobica si dovrebbe poi scrivere un libro, a partire dal commercio che alcuni imprenditori ne fecero e dagli operai obbligati a lavorare rischiando la vita per produrre bamboline di plastica come ebbe il coraggio di denunciare un lavoratore in una lettera ai giornali.

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Ma perché la politica cambia rotta?

Perchè sono gli imprenditori a chiedere ora la chiusura delle aziende.

Il motivo è chiarissimo.

Matteo Tiraboschi della Tenaris interloquisce con Gori chiedendo “una ordinanza del governo che possa giustificare la situazione”. Gori gli ricorda che “erano stati loro stessi a chiedere al governo di restare aperti” e la risposta di Tiraboschi è lapidaria il fatto è “che si sono ritrovati senza personale in quanto hanno tutti paura di andare a lavorare e quindi restano a casa. E per questo motivo non hanno più forza lavoro per mandare avanti la produzione” e quindi sono in perdita economica. In sostanza i lavoratori hanno attuato la forma estrema dello sciopero bianco, nel silenzio tombale dell’informazione, ma come noi avevamo subito rilevato. Uno sciopero le cui dimensioni e radicalità ha di fatto fermato le aziende, uno sciopero la cui ricostruzione e storia meriterebbe di essere scritta.

E lì addirittura gli industriali chiedono all’ancora compiacente Gori di emettere un comunicato sul tema dell’assenteismo degli operai che porti a “un’ordinanza governativa di chiusura delle aziende”.

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Il tema è chiaro le aziende, grazie alla iniziativa spontanea dei lavoratori, non hanno più personale per produrre e, al posto di caricarsi le conseguenze economiche di una situazione che hanno contribuito a creare, chiedono invece un decreto governativo che gli imponga la chiusura sia per accedere poi alle future compensazioni e ristori economici sia per non rovinare l’immagine delle aziende in borsa (con le conseguenze del caso), come nel caso della azienda di Bombassei.

E qui Gori si esprime chiaramente cambia idea non per la catasta di morti che stanno avvenendo, ma solo “in virtù del cambiamento di idea da parte delle aziende produttive”. Questo nonostante ci sia ancora, nella parte più oltranzista del padronato, chi pervicacemente in mezzo ai morti vuole continuare a produrre come Bombassei. La cosa indispettisce non poco l’onorevole Misiani (PD) che parlando con Gori sbotta affermando che quelli della Brembo “sono delle teste di cazzo”.

IL 21 marzo Gori sintetizza “le difficoltà nel dichiarare la val Seriana zona rossa” sono dipese “dalle pressioni ricevuta da Confindustria” e la volontà di non chiudere “partiva anche dal sindaco di Alzano Lombardo unitamente ad alcuni industriali della zona tra cui la ditta Persico” Su chi siano le altre aziende la Verità trova un certo imbarazzo ad indagare.

Ora che finalmente abbiamo prova di ciò che sospettavamo, come non ricordare le cerimonie per i morti messe in piedi proprio da molti dei politici attori di questa vicenda? Forse per questo a quelle cerimonie è sempre stata impedita la presenza dei parenti dei defunti e dei semplici cittadini? Cosa si temeva?

Come al solito il Re è nudo e forse è giunto il momento di dirlo.

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Borgo di Terzo (BG)

Francesco Samuele Macario

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