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IN MEMORIA DEL COMPAGNO MAURIZIO MAZZUCCHETTI
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Maurizio, fondatore di BergamoinComune, ci ha lasciati dopo lunga malattia.
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Scrivere il panegirico, vale a dire la commemorazione rivolta a tutti, di qualcuno che di persona si è conosciuto appena, o che non si è conosciuto affatto se non di fama, è un qualcosa di relativamente facile: l’emotività non viene coinvolta e si può preparare un testo cercando di usare la sola ragione.
Ma quando chi viene a mancare lo conosci di persona e quando guardi il pacchetto di tè della migliore qualità che è da oltre un mese sul ripiano dell’ingresso di casa perché ti ripromettevi di andarlo a trovare, di portarglielo e ora scopri di essere andato oltre tempo massimo…
Limitiamoci a dire che è più difficile.
Maurizio, dopo una vita da hippie in ritardo, da quando il male incurabile si era palesato poteva bere solo tè o altre bevande leggere del genere.
Confesso di avergli portato, tanto per variare, anche del karkadè (che ai tempi delle inique sanzioni e della autarchia dissetava più del tè) e una tisana alla canapa (recuperata in una erboristeria di Milano, in libera vendita perché l’alcaloide principale era stato neutralizzato – così stava pure scritto sulla confezione) tanto perché potesse ricordarsi di quando era il più noto hippie in ritardo della Val Cavallina.
Queste poche righe non saranno quindi un panegirico, ma un insieme scombinato di ricordi.
Vi piaccia leggerli.
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Il primo ricordo è relativo ai funerali di suo padre, morto a circa 95 anni, quindi venti anni più anziano di lui.
Ex-partigiano cattolico l’ultimo saluto gli è stato dato con rito religioso e le bandiere dell’ANPI hanno seguito il feretro dentro la chiesa dove il prete si è sentito in dovere di farle esporre “al posto d’onore”, di fianco all’altare.
Errore grave: il “posto d’onore” dove si espongono le bandiere partigiane è in mezzo al popolo, non ne esistono altri.
Con Maurizio ne avevamo parlato e gli avevo raccontato dell’analoga cerimonia religiosa per mio zio, combattente della Repubblica di Montefiorino e deceduto in un incidente stradale nel ’75, i suoi compagni partigiani c’erano tutti e si erano posizionati nel mezzo, subito dopo le file dei parenti e prima degli altri presenti: la bandiera dell’ANPI la teneva uno di loro in modo che fosse bene in mezzo a tutti e sfiorasse il feretro.
Avevo aggiunto che per le leggi della Repubblica esistono solo due forme del Tricolore in cui sono ammessi emblemi: il vessillo della Marina Militare e quello della Marina Mercantile.
Non esiste una legge, o un decreto, che istituzionalizza la bandiera dell’ANPI.
Anzi, la legge prescrive che: “Le bandiere sono esposte in buono stato e correttamente dispiegate; né su di esse, né sull’asta che le reca, si applicano figure scritte o lettere di alcun tipo”.
E allora come mai esiste la bandiera dell’ANPI?
Ma è molto semplice!
Perché il suo diritto ad esistere è stato conquistato sul campo, letteralmente, come ha scritto Pietro Calamandrei:
“soltanto col silenzio dei torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio”.
Maurizio era rimasto affascinato da questo ragionamento.
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