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MAGGIO RADIOSO E MARZO PIOVOSO
Oggi parliamo di come gli attacchi di demenza collettiva siano un fenomeno ricorrente.
Avete senz’altro capito che stiamo parlando sia delle grandi manifestazioni del maggio 1915 dei nazionalisti e di quei deficienti che sono storicamente stati i socialisti interventisti, sia della brillantissima iniziativa che sabato 15 marzo l’intero centrosinistra, con i vertici degli annessi, dei connessi e degli affini, organizza con le sole bandiere dell’Unione Europea per dire sì a questa Europa e, neanche tanto sommessamente, alle sue demenziali proposte di riarmo e di guerra.
Tutta robaccia da identificare senza errori per quello che è e da condannare senza se e senza ma.
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La sola speranza è che la prima volta sia stata tragedia, mentre la seconda sarà farsa.
Però, come è già accaduto facendo il paragone tra un noto comico italico fondatore di un movimento politico e il Vladimiro ucraino, la paura è che sia stata farsa la prima volta (nonostante le centinaia di migliaia di morti) e che la seconda sarà tragedia (con la prospettiva di milioni di morti).
Il fatto che la maggior parte dei nazionalisti e dei socialisti interventisti abbia fatto una brutta fine sul Carso e che molti dei superstiti si siano drammaticamente pentiti del “Maggio Radioso” è irrilevante, visto che il fascismo (e la successiva Seconda Guerra Mondiale) è nato dall’unione di questi due gruppi politici che ora qualcuno, diciamolo chiaramente, cerca di imitare e di replicare.
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“Qui si fa l’Europa o si muore” è uno degli slogan che abbiamo sentito, però pensiamo che l’originale “Qui si fa l’Italia o si muore” sia stato molto più credibile, vuoi perché era stato detto durante una lotta di liberazione da un tizio che praticava l’”armiamoci e partiamo” (prima persona) e non l’attuale ”armiamoci e partite” (seconda persona), vuoi perché si può dire quel che si vuole, ma l’Europa, contrariamente a quanto dichiarano i Baltici (ma siamo sicuri che siano Europei? Dal nostro punto di vista euro-mediterraneo non ne possiamo essere proprio sicuri sicuri), non ha né Annibale, né nemici di altro genere alle porte.
E questa è una realtà politica oggettiva.
Se mai ha delle tremende paranoie interne, tipo il neo-liberismo e l’atlantismo NATO oltre che la manifestazione stessa del 15 marzo, e degli “amici” (a cui si può applicare solo il motto “dagli amici mi guardi Iddio”) che la stanno portando ad una specie di autodistruzione suicida dopo quelle del 1914 e del 1939.
Autodistruzione che fa il gioco e lo sghignazzo di Donaldo e dei suoi accoliti e che viene osservata con un misto di stupore e di incredulità dagli osservatori esterni.
Molto semplicemente: l’Occidente ed il cosiddetto “Mondo Libero” sono stati una trovata propagandista che aveva senso quando esistevano la Cortina di Ferro ed il Muro di Berlino, quando si voleva fare una distinzione tra “noi” e “loro”.
Adesso come adesso l’Occidente è un residuo storico di una epoca ormai finita ed è ormai chiaro che il Donaldo vuole gli USA essere americani e non occidentali e che, anzi, una Europa autonoma sarebbe un concorrente in più sulla scena globale: meglio lasciarla liquidare da quelle marionette con i fili tagliati che sono gli attuali governanti delle istituzioni e dei governi europei…
L’unica via di salvezza che potrebbe essere percorsa è quella che l’Europa, nel suo attuale stato di delirio strategico, non sembra essere disposta a prendere: riconoscere che né la Russia né la Cina sono un nemico, che il mondo non è un campo di battaglia tra democrazia e autocrazia e che la sopravvivenza stessa della civiltà dipende dal saper fare un passo indietro dall’orlo del baratro.
L’alternativa è un vero e proprio sonnambulismo verso la guerra, guidato non da autentici imperativi di sicurezza e da conseguenti comportamenti razionali, ma dall’incapacità degli ex-egemoni in declino di sapere riconoscere i propri limiti.
La russofobia e la corsa agli armamenti non sono le cause del declino europeo, sono i suoi sintomi.
Come tutti i sintomi, possono essere curati e si è ancora in tempo a farlo.
Prima, però, i nazionalisti, i socialisti interventisti ed i loro epigoni guerrafondai del centro-destra e del centro-sinistra attuale devono essere riconosciuti e trattati per quello che oggettivamente sono e deve essere chiaro che il dare corda alle loro demenze non è una libertà democratica, ma una colpa, una brutta colpa, che potrà dare origine ad eventi che non potranno essere perdonati (dai superstiti).
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Vi proponiamo ora un articolo del solito Asia Times (interessante e razionale connubio tra Repubblica Popolare Cinese e finanza di Wall Street) di Hong Kong che qualche giorno fa titolava: “La debacle dell’Ucraina segna la morte dell’Atlantismo”, sottotitolando che “l’Europa farebbe bene ad analizzare la propria ideologica inversione di ruolo che ha alimentato questa tragedia”.
Ma prima, perdonateci, vi raccontiamo una storia familiare del sottoscritto conseguente al “Maggio Radioso”.
Enrico/Enrica è un nome di famiglia, così si chiamava mio padre e così si chiama mia figlia, in memoria dello zio che non era tornato dall’Isonzo e di cui nessuno aveva dato notizie alla famiglia.
Disperso.
Di lui non esistevano nemmeno fotografie.
Suo fratello aveva fatto ricerche e una nipote aveva pure fatto il giro dei sacrari di guerra per cercare se per caso fosse colà registrato.
Nulla.
Solo il nome trasmesso ai nipoti, insieme alla conoscenza di quello che, ormai quattro generazioni fa, era stato un dramma familiare.
Poi, una novantina di anni dopo (novanta!), il sottoscritto va a trovare il vecchio padre ultraottantenne e viene accolto da un: “Lo ho trovato!”.
Da bravo pensionato che era stato pioniere dei computer (Olivetti P6066 in casa) gli era venuto il desiderio (evidentemente ben radicato nell’inconscio) di cercare notizie dello zio in rete e aveva trovato un sito della Provincia di Bologna su cui erano stati trascritti tutti i caduti precedentemente registrati in chissà quali archivi cartacei dimenticati da Dio e dagli uomini.
Ovviamente c’è anche stato un giro di telefonate con Imola e Reggio Emilia per comunicare ai cugini e ai parenti tutti che lo zio Enrico, novanta anni dopo (!), era stato ritrovato con tanto di fotografia scaricata dalla rete.
Fotografia che ora è presente, a pieno titolo, nell’album di famiglia.
Le famiglie italiane hanno la memoria lunga.
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Altro parente presente nell’elenco dei caduti della provincia di Bologna è Fortunato Brusa di Raffaele, cugino di Enrico e di mio nonno Marco, ufficialmente disperso a Sidi Bargub in Tripolitania nel 1915.
Di lui in famiglia si era comunque venuti a sapere come era morto: era stata effettuata una spedizione contro i beduini con tre colonne di bersaglieri che comunicavano tra loro la notte con i fuochi, lui era in una colonna laterale e mio nonno in quella centrale.
Una notte dalla colonna centrale non vedono i fuochi delle due colonne laterali e il colonnello ordina immediatamente di alimentare i propri fuochi e di rientrare a marce forzate a Tripoli, dove sono stati accolti con un: “Credevamo che i beduini avessero massacrato pure voi”…
In realtà i beduini avevano preso dei prigionieri, tra cui il cugino Fortunato, e li avevano tenuti come schiavi nelle oasi del deserto per una decina di anni fino a quando non era arrivato Graziani negli anni ’20 a “pacificare” (lasciamo perdere come) la regione ed erano stati liberati.
Il nonno era riuscito a parlare con qualcuno di loro rientrato in Italia (“avevano il naso e le orecchie di cartilagine, completamente disidratate” raccontava) e a sapere che suo cugino non ce l’aveva fatta.
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E con questo credo che abbiate capito perché il “Maggio Radioso”, anche se viene fatto cadere in un marzo piovoso, non può che starmi proprio antipatico non solo razionalmente, ma anche visceralmente.
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Bergamo, 09.III.2025.
Marco Brusa
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https://asiatimes.com/2025/03/ukraine-debacle-signals-the-death-of-atlanticism/#
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L’autore è Jan Krikke, ex-corrispondente dal Giappone ed ex-caporedattore di Asia 2000 a Hong Kong, il cui testo più noto è “Creare una cultura planetaria: scienza europea, arte cinese e trascendenza indiana”.
Costui fa notare come l’Europa si trovi adesso intrappolata in una terra di nessuno: ha alienato la Cina, interrotto i legami economici con la Russia e non è riuscita ad anticipare (e nemmeno a capire – NdR) lo storico cambiamento strategico di Trump.
In pochi anni, l’Europa è riuscita a isolarsi sulla scena mondiale.
Il contesto è la cosiddetta “Teoria dell’Heartland”, sviluppata dal geografo britannico Halford Mackinder all’inizio del XX secolo, che sostiene che l’egemonia occidentale può esistere solo con un continente eurasiatico frammentato.
Negli anni ’80, lo stratega geopolitico americano Zbigniew Brzezinski ha aggiornato la Teoria dell’Heartland e ha identificato l’Ucraina come la Nazione cardine nella battaglia per il continente eurasiatico.
li ragionamento è stato che solo mantenendo diviso il continente eurasiatico le potenze marittime dell’Occidente avrebbero potuto mantenere l’egemonia globale e anche la “Belt & Road Initiative” (BRI) cinese, che si estende in tutto il continente eurasiatico, ha preoccupato parecchio gli Atlantisti.
La guerra in Ucraina ha compiuto la sua missione: tagliare fuori l’Europa dal continente eurasiatico.
Pure il far saltare in aria il gasdotto Nord Stream che collega la Russia con l’Europa ha fatto parte di questo programma.
Tuttavia gli Atlantisti non avrebbero potuto prevedere che Trump avrebbe cambiato così drasticamente la scacchiera strategica.
La priorità di Trump è ripristinare la salute fiscale degli Stati Uniti e assicurarsi che il dollaro rimanga la valuta di riserva mondiale e questo spiega sia il suo spietato taglio dei costi sia il motivo per cui minaccia sanzioni ai paesi che cercano di de-dollarizzare.
All’inizio della guerra, i media occidentali dipingevano la Russia come debole e corrotta, con un’economia morente e un esercito inefficiente.
Troppo fiducioso o storicamente ingenuo, l’Occidente si è affidato a tre pilastri che si sono sgretolati uno dopo l’altro:
– Le sanzioni per indebolire o far collassare l’economia russa e provocare una rivolta contro Putin sono fallite.
– L’isolamento della Russia dal Sud del mondo, comprese la Cina e l’India, ha fallito.
– L’infliggere una sconfitta strategica alla Russia con armi NATO superiori è fallita.
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Convinto che la Russia potesse essere messa in ginocchio, l’Occidente non si è preoccupato di formulare un piano di riserva e quando è diventato chiaro che la Russia non poteva essere sconfitta, l’Occidente ha ribaltato il copione: la Russia non è più uno stato debole con un esercito impotente, è stata descritta come una minaccia esistenziale per l’Europa.
La Russia ha un’economia delle dimensioni di quella della Spagna, meno di un terzo della popolazione dell’Unione Europea e un quarto del bilancio complessivo della difesa europea (circa 84 miliardi di dollari contro i 326 miliardi di dollari dell’Europa) ma agli Europei ora viene detto che se non difendessero l’Ucraina, potrebbero dover combattere i russi entro i loro stessi confini.
Negando completamente a se stessi che si sia entrati nella fase finale del gioco ed essendo incapaci di offrire proposte di pace, gli Europei stanno raddoppiando la loro follia strategica: stanno discutendo di un fondo collettivo europeo per la difesa e della costruzione di un’industria della difesa che non si affidi agli Stati Uniti.
Gli esperti prevedono che potrebbero volerci dieci anni prima che l’Europa raggiunga l’autosufficienza militare, per non parlare del fatto che un numero crescente di Paesi in Europa sta esprimendo insoddisfazione per la politica in Ucraina.
La maggior parte dei leader dell’UE ha indici di approvazione inferiori al 30%.
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La sfida più grande per le élites dell’UE è quella di gestire l’opinione pubblica durante l’inevitabile ritirata (o rotta? – NdR) dalla loro crociata ideologica.
Dal 2014, quando la Russia ha ripreso il controllo della Crimea, i media occidentali sono diventati il braccio propagandistico degli Atlantisti e hanno demonizzato Putin e la Russia ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette.
Chiunque pronunciasse una parola di critica a Zelensky o all’Ucraina veniva dipinto come un “putiniano”, un infiltrato russo.
Il virus atlantista che ha infettato l’Europa negli ultimi tre decenni ha trasformato il panorama ideologico e oggi, la proverbiale destra, come l’AfD in Germania, chiede la pace, mentre la proverbiale sinistra, compresi i “Verdi”, è diventata sostenitrice della continuazione della guerra.
Questa storica inversione di ruolo è poco dibattuta in Europa.
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I Verdi europei affondano le loro radici nelle rivolte studentesche del 1968 e nelle proteste contro la guerra del Vietnam nei primi anni ’70.
Il Partito dei Verdi olandese è il risultato della fusione di pacifisti e ambientalisti, ma il sindaco “verde” di Amsterdam ha esposto un carro armato russo bruciato nel centro di Amsterdam come trofeo di guerra.
Quando la pace tornerà in Ucraina, l’Europa farà bene ad analizzare la propria inversione di ruolo ideologica che ha contribuito a quella tragedia.
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