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Bergamo in Comune | Marzo 9, 2025

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DONALDO & VLADIMIRO

DONALDO & VLADIMIRO

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Forniamo la traduzione di un articolo pubblicato da un giornale di Hong Kong di cui ci siamo già occupati più volte e che, oltre ad essere un interessante connubio tra finanziarie di Wall Street ed economia pianificata cinese, ha la caratteristica di prenderci quasi sempre nelle previsioni che pubblica.

Questo articolo riguarda la guerra in Ucraina e, anche se può sembrare cinico, in realtà è semplicemente molto razionale.

Alcuni dei personaggi citati sono dei fascistoidi, o dei fascisti veri e propri, ma vediamo di considerare non solo le fonti, ma anche i contenuti.

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https://asiatimes.com/2025/02/how-wars-end-and-why-ukraines-may-drag-on/

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COME FINISCONO LE GUERRE E PERCHÉ QUELLA IN UCRAINA POTREBBE CONTINUARE

Trump corre il rischio di seguire la formula fallimentare della “pace attraverso la forza” dei precedenti presidenti in Ucraina

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Steve Bannon, non più nella cerchia ristretta di Donald Trump, ma non meno esperto politicamente, ha osservato di recente: “Se non stiamo attenti, [l’Ucraina] si trasformerà nel Vietnam di Trump. Questo è quello che è successo a Richard Nixon. Ha finito per prendere possesso di quella guerra che è stata ricordata come la sua guerra, non come quella di Lyndon Johnson”.

Bannon ha commentato in questo modo l’incarico assegnato dal presidente Trump al suo inviato speciale per la Russia e l’Ucraina, il tenente generale in pensione Keith Kellogg, di porre fine alla guerra in Ucraina in 100 giorni…

99 giorni dopo rispetto a quanto si era vantato il candidato Trump.

Per Bannon, questo è un ritardo inquietante che non farà che aumentare il rischio che gli Stati Uniti vengano trascinati più a fondo in una guerra che credono essere impossibile vincere e per nulla nell’interesse nazionale dell’America.

Siamo d’accordo.

L’incapacità di agire rapidamente per un cessate il fuoco e l’incapacità di dare una rottura netta alla guerra Ucraina/Russia secondo la promessa strategica del candidato neocon Trump, rimette in gioco le vecchie e stanche fantasie di pace attraverso l’uso della forza e delle sanzioni magiche (“rublo in macerie”) dell’amministrazione Biden.

Strategie che hanno fallito per Johnson in Vietnam con la risoluzione del Golfo del Tonchino, per George W. Bush con l’aumento delle forze statunitensi in Iraq nel gennaio 2007 e per Barack Obama con l’aumento dell’impegno del 2010 in Afghanistan.

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Lo slogan alla moda del Pentagono è “escalation per de-escalation”.

Il problema è che la de-escalation non arriva mai.

Non si può mettere a punto la guerra come il “tuning” di un Wi-Fi.

Non si può “giocare” nel modo in cui pensava il teorico di un tempo dei giochi militari Herman Kahn: il segretario alla Difesa durante la guerra del Vietnam, Robert McNamara, lo ha scoperto nel modo più duro.

Il mostro ti travolgerà.

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La realtà supera sempre la fantasia, in meglio o in peggio: soprammobile donato da Netanyahu a Trump che “commemora” i cercapersone al tritolo fatti esplodere dal Mossad in faccia ai quadri di Hezbollah (comunque prontamente sostituiti come lo erano stati gli strateghi greci nell’Anabasi di Senofonte).

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Come finiscono le guerre?

In particolare, come finirà questa guerra?

Il generale prussiano e teorico militare Carl von Clausewitz ha teorizzato la guerra come uno strumento della politica e ha identificato tre modi principali in cui essa finisce:

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  1. Una o entrambe le parti abbandonano i loro obiettivi politici.

Nel caso della guerra in Ucraina, il presidente Trump avrebbe potuto raggiungere l’obiettivo del candidato Trump di far tacere le armi in un giorno se avesse dichiarato in modo chiaro e credibile a Vladimiro Putin e al mondo che gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO abbandonano l’obiettivo della espansione della NATO verso est e non faranno mai entrare l’Ucraina nella NATO.

Funzionerebbe in un attimo, ma a non farlo si può continuare a proclamare che è colpa di Putin l’eventuale continuazione delle ostilità.

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  1. Una o entrambe le parti raggiungono il culmine nella loro capacità di attaccare e ne consegue una situazione di stallo, che porta a negoziati per il cessate il fuoco.

Un caso in cui una guerra si è conclusa in base a questo secondo scenario è stata la guerra di Corea.

Questa guerra era iniziata il 25 giugno 1950, quando le truppe nordcoreane hanno attraversato il 38º parallelo che divideva la Corea dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Già nel marzo 1951, dopo enormi spostamenti delle linee del fronte avvenuti in meno di un anno, si era sviluppata una situazione di stallo al 38° parallelo, proprio dove tutto era iniziato.

Entrambe le parti avevano raggiunto il culmine a condizione che non venissero utilizzate armi nucleari.

I colloqui per l’armistizio sono iniziati nel luglio 1951, ma ci sono voluti altri due anni di combattimenti intermittenti prima che l’armistizio fosse concluso il 27 luglio 1953.

Il nuovo presidente degli Stati Uniti (Dwight Eisenhower è entrato in carica nel gennaio 1953) e il nuovo leader sovietico (Joseph Stalin è morto nel marzo 1953) non avevano alcun interesse a rompere la situazione di stallo.

L’armistizio ha avuto luogo, ma fino ad oggi non è stato firmato alcun trattato di pace tra le due Coree e le altre parti in guerra.

Alcuni hanno suggerito che l’esito coreano sia un modello per la guerra in Ucraina.

Non sono d’accordo.

Contrariamente a quanto alcuni portavoce della NATO vorrebbero farci credere, non c’è nessuna situazione di stallo e nessun culmine raggiunto da parte russa.

Nessun armistizio nel cuore del continente europeo avrà un valore duraturo a meno che non siano state risolte le questioni politiche fondamentali che hanno portato a questa guerra.

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  1. Una parte perde la volontà o la capacità di combattere a causa del crollo del morale pubblico e/o militare.

La fine di una guerra, secondo il terzo scenario di Clausewitz, è applicabile all’Ucraina.

Il precedente storico, in generale, è la fine della Prima Guerra Mondiale.

Dopo quasi quattro anni di guerra di logoramento con pochi movimenti delle linee del fronte dopo le iniziali conquiste territoriali tedesche nel 1914, l’Alto Comando tedesco sotto Hindenburg e Ludendorff aveva lanciato una serie di massicce offensive sul fronte occidentale (21 marzo – 18 luglio 1918) con l’obiettivo di rompere le linee alleate (francesi e britanniche) prima dell’arrivo dei grandi rinforzi americani.

Le truppe non più necessarie sul fronte orientale dopo il Trattato di Brest-Litowsk, che aveva portato la Russia fuori dalla guerra, erano state schierate nelle offensive occidentali e sono state ottenute conquiste significative.

Ma a 70 chilometri da Parigi, gli assalti si sono fermati.

La capacità delle forze tedesche aveva raggiunto il culmine.

Una controffensiva alleata è iniziata nell’agosto 1918 (“Offensiva dei Cento Giorni”), rinforzata da oltre un milione di truppe fresche americane, e ha respinto le forze tedesche al prezzo di mezzo milione di perdite per ciascuna parte.

Ma le riserve umane tedesche erano ormai esaurite.

A settembre, Ludendorff ha comunicato al Kaiser che bisognava cercare un armistizio.

Il nuovo cancelliere, principe Max von Baden, ha così scritto al presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson il 4 ottobre per chiedere l’armistizio sulla base dei suoi quattordici punti.

Alla fine di ottobre/inizio novembre, la ricerca di von Baden per i termini dell’armistizio si era “de facto” trasformata in una ricerca dei termini per la resa.

Con l’ammutinamento di Kiel dei marinai della Hochseeflotte il 29 ottobre, a cui si unirono rivolte di soldati e fraternizzazione con i rivoluzionari socialisti e comunisti nella maggior parte delle principali città tedesche, compresa la capitale Berlino, il fronte interno era crollato e la continuazione della lotta sul fronte occidentale era fuori questione.

Tutto quello che restava da fare era tracciare la linea dell’armistizio e stabilire gli schieramenti militari fino a quando non fosse stato raggiunto un accordo di pace definitivo.

Il 9 novembre, il Kaiser Guglielmo II ha abdicato ed è fuggito in Olanda.

Baden si era dimesso e aveva ceduto il cancellierato al leader parlamentare socialista Friedrich Ebert (che poi represse nel sangue la rivolta spartakista di Berlino – NdR).

L’Impero non c’era più.

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Ai colloqui per l’armistizio in un vagone ferroviario nella foresta di Compiègne, le condizioni più dure sono state imposte dalla delegazione alleata guidata dal comandante supremo maresciallo Ferdinand Foch: le forze tedesche dovevano ritirarsi da tutti i territori occupati (e dall’Alsazia-Lorena) dietro il fiume Reno, la Renania sarebbe passata sotto l’occupazione militare alleata e le forze tedesche sarebbero state disarmate.

Nei termini di Clausewitz, la perdita della volontà di combattere aveva assoggettato la Germania interamente alla volontà del vincitore.

Alle 11 del mattino dell’11 novembre, l’armistizio entra in vigore e i cannoni tacciono.

Ne è seguita l’imposizione delle condizioni più dure alla Germania nel successivo Trattato di Versailles (1919).

Si è trattato del modo sbagliato di fare la pace.

Nel giro di venti anni, un’altra guerra mondiale è scoppiata tra le stesse parti con massacri più grandi di un ordine di grandezza.

La fine della Prima Guerra Mondiale contiene forti somiglianze e lezioni per la situazione ucraina e la potenziale fine della guerra in quel paese.

Il culmine della forza per l’Ucraina è stato raggiunto circa a metà del tentativo di controffensiva estiva da giugno a novembre 2023.

Le forze russe nelle sezioni meridionale (Zaporozhe) e centrale (Donetsk) della linea del fronte avevano creato estese infrastrutture difensive, tra cui fossati, trincee, postazioni di artiglieria e mine antiuomo.

L’avanzata ucraina è stata dolorosamente lenta e ricca di vittime e di equipaggiamenti perduti.

La Russia, in ogni momento, ha mantenuto la superiorità aerea.

A metà settembre, i progressi erano rallentati a passo di lumaca.

A metà novembre, le operazioni offensive si sono esaurite.

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Da dicembre 2023/inizio gennaio 2024, le forze ucraine, avendo perso alcune delle loro migliori unità, sono state sulla difensiva.

Nel frattempo, la metodica guerra di logoramento condotta dalle forze russe sta esigendo un alto tributo di uomini e macchine.

Le brigate russe pesanti a rullo compressore avanzano a pieno regime contro quelle ucraine sottodimensionate.

Si verifica un numero crescente di incidenti dovuti al crollo del morale di combattimento, dalla compagnia fino al livello di brigata.

Le diserzioni da parte ucraina sono alte (100.000 dal 2022) e le nuove reclute sono sempre più difficili da trovare, dato che letteralmente milioni di uomini ucraini in età da servizio militare sono fuggiti verso ovest, in Polonia e in altri paesi dell’Europa orientale, ma principalmente in Germania.

Mentre i “rapporti” ucraini vedono vittime russe molto più alte di quelle ucraine, tali notizie sono certamente false.

I Russi non stanno conducendo operazioni rischiose ad elevata mobilità, ma fanno molto affidamento sulla loro massiccia artiglieria e sui bombardamenti aerei e solo dopo conducono attacchi di fanteria con unità relativamente piccole.

Certo, hanno delle vittime, ma è una forzatura presumere che siano più grandi degli ucraini.

La linea di fondo è che le riserve di uomini russe superano quelle ucraine di 4 ad 1.

Questo quadro non è ancora uguale al crollo della capacità e della volontà delle forze tedesche di combattere nell’ottobre/novembre 1918.

Ma si sta andando in quella direzione e qualsiasi svolta russa significativa potrebbe rapidamente tradursi in una disfatta.

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In queste circostanze, una pre-condizione affinché Trump sia il mediatore della pace è la necessità per lui di assicurare a Putin che all’Ucraina non sarà mai offerta l’adesione alla NATO.

Questo è l’incentivo principale per Putin per sedersi al tavolo.

La minaccia di coercizione attraverso l’aggiunta di sanzioni, come ha sostenuto Trump, è un disastro e non è stata nemmeno commentata dalla parte russa.

Il negoziato serio riguarda la nuova frontiera e le condizioni dell’armistizio.

Presumere che -come nel caso dello stallo coreano- la linea di contatto in combattimento sia quella appropriata è sbagliato.

Putin può raggiungere i suoi obiettivi politici continuando ad agire per ottenerli.

Trump e la NATO non possono.

Molto probabilmente -e dal punto di vista di un’analisi clausewitzeana, quando la sconfitta militare è vicina- l’Ucraina dovrà cedere il controllo su tutte le regioni amministrative di Donetsk e Luhansk e sulle parti attualmente controllate dalla Russia delle oblast di Kherson e Zaporozye e ritirarsi dal saliente di Kursk in Russia.

Sulla base di un tale eventuale armistizio, un successivo accordo di pace che possa durare dovrà essere inserito in una più ampia nuova struttura di sicurezza europea, simile a quella che sembrava possibile nell’epoca immediatamente successiva al crollo dell’Unione Sovietica, ma che non è stata realizzata e ha invece lasciato il posto a un’implacabile espansione della NATO verso est: causa principale del disastro della guerra in Ucraina.

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Hong Kong, 7 febbraio 2025

Uwe Parpart, caporedattore di Asia Times.

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Uwe Parpart è il responsabile della strategia di Ideanomics ed è il presidente di Asia Times Holdings, la società di Hong Kong che possiede Asia Times, il più grande giornale in lingua inglese dell’Asia.

In precedenza, è stato membro fondatore e Chief Strategist e Head of Research presso la banca d’investimento di Hong Kong The Reorient Group, di proprietà della finanziaria di Shangai Yunfeng Financial Group.

Ha ricoperto il ruolo di Head of Fixed Income and Currency Research presso Cantor Fitzgerald Hong Kong, Senior FX strategist presso Bank of America ed è consulente del Mitsubishi Research Institute.

Ha collaborato con numerose riviste e giornali, è stato redattore della rivista Forbes e editorialista della rivista Shinchosha Foresight diTokyo, ed è spesso ospite di CNBC, Bloomberg e NHK TV.

https://ideanomics.com/

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