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Bergamo in Comune | Novembre 22, 2024

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GLI HOUTHI, QUESTI SCONOSCIUTI

GLI HOUTHI, QUESTI SCONOSCIUTI

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Si fa un gran parlare della situazione nel Mar Rosso e nello stretto di Bab El-Mandeb di fianco allo Yemen ma, come al solito, il MinCulPop mediatico nostrano si impegna ad indurre emozioni (vale a dire: a fare propaganda) e non a trasmettere informazioni, figuriamoci se, magari, pure esatte…

Per cui cerchiamo di rimediare a questa situazione, almeno per quanto è nelle nostre possibilità, e diffondiamo la sintesi di tre articoli recentemente apparsi sulla stampa internazionale.

Siamo andati a leggere Asia Times di Hong Kong (strano connubio, di solito molto ben informato, tra Repubblica Popolare Cinese e finanziarie di Nuova York), Tehran Times (ovviamente molto di parte) e, passando per un server di Singapore, Russia Today (di solito molto pacata e, alla faccia delle befane censuratrici dell’Unione Europea, sempre molto precisa ed affidabile quando pubblica resoconti storici).

I siti originali sono i seguenti, i primi due li dovreste leggere tranquillamente, il terzo lo potete leggere solo se avete la possibilità di connettervi con Singapore, Hong Kong, Calcutta, Città del Messico o del Capo, e via discorrendo.

https://asiatimes.com/2024/01/why-biden-finally-attacked-the-houthis/

https://www.tehrantimes.com/news/493670/Top-Iranian-official-warns-U-S-against-drowning-in-Red-Sea

https://www.rt.com/news/590577-they-have-defied-us-israel/

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I primi due articoli effettuano una analisi della situazione politica-militare nel Mar Rosso le cui sintesi sono qui di seguito riportate.

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ASIA TIMES

I motivi per cui Biden ha finalmente (sic) attaccato gli Houthi.

Sia da parte britannica che da parte statunitense sono sorti seri dubbi sul fatto che le navi da guerra nel Mar Rosso siano equipaggiate per affrontare sciami di UAV e missili lanciati dagli Houthi.

Il 10 gennaio, le forze statunitensi e britanniche hanno abbattuto ventuno droni e missili: il Segretario alla Difesa britannico, Grant Shapps, ha detto che continuare a farlo è insostenibile e che la situazione con gli Houthi sta andando fuori controllo.

Questo perché il numero di missili antiaerei a bordo di una nave è limitato: i cacciatorpediniere USA hanno novantasei celle di lancio, mentre gli incrociatori classe Ticonderoga ne hanno 122.

Però queste celle devono essere utilizzate anche per i missili da crociera Tomahawk, per i missili antisommergibile ASROC e per i missili antibalistici SM-3 e, per farla breve, ciascuna delle navi da guerra ha a disposizione non più di cento missili anti-aerei analoghi al British Sea Viper che è il sistema di difesa aerea utilizzato quel giorno dal cacciatorpediniere HMS Diamond (che ha solo 48 celle di lancio) per abbattere droni e missili Houthi.

Il sistema di difesa aerea Sea Viper è stato sviluppato come joint venture da Francia, Italia e Regno Unito ed è interessante che nei filmati del sistema mediatico inglese per descrivere la giornata del 10 gennaio la pubblicità iniziale sia quella del Trono di Spade: ha tutta l’aria di essere un accostamento voluto…

https://ukdefencejournal.org.uk/sea-viper-a-guide-to-the-missile-protecting-the-red-sea/?utm_source=substack&utm_medium=email

https://www.thesun.co.uk/news/25306050/warship-hms-diamond-down-drones-red-sea/

Le navi da guerra USA e quelle britanniche non possono essere rifornite in mare e hanno una capacità limitata di “rimanere in combattimento” se questo continua a lungo e diventa “di attrito”.

Inoltre le difese missilistiche sono molto costose: ogni missile USA SM-2 costa 2,1 milioni di dollari e un Sea Viper tra uno e due milioni di sterline; senza tenere conto della sostituzione di questi missili una volta lanciati, che potrebbe richiedere anni di tempo di produzione.

Il 10 gennaio gli Houthi hanno effettuato un gran numero di attacchi e hanno sparato anche missili balistici, alimentati da un motore a razzo, contro le navi da guerra statunitensi e britanniche.

Il motore a razzo rende questi missili molto veloci e dà ai difensori poco tempo di reazione rispetto ai droni e ai missili da crociera subsonici e gli Houthi hanno molti missili balistici antinave forniti dall’Iran che rappresentano un serio problema nelle rotte marittime ristrette vicino alla costa.

È probabile che la comparsa di missili balistici antinave a razzo abbia costretto gli USA e il Regno Unito a prendere la decisione di colpire gli arsenali degli Houthi.

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Interessante che, oltre ad USA, Gran Bretagna, Australia, Canada e Bahrein (sic), anche l’Olanda abbia partecipato al bombardamento dello Yemen insieme ai Territori di Oltremare britannici (di cui fanno parte la base aerea di Akrotiri a Cipro e il paradiso fiscale delle Cayman Islands, concorrente delle Antille Olandesi).

Praticamente è stata realizzata la completa unità delle finanziarie occidentali…

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https://t.me/channelredline/27112

Qualcuno con la testa sulle spalle ancora c’è: l’Oman ha chiuso il suo spazio aereo a tutti i voli militari diretti verso lo Yemen e, dal momento che gli aerei USA decollano anche dai limitrofi Qatar e UAE, non è una decisione solo simbolica.

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Il traffico marittimo nel Mar Rosso è diminuito, ma non è tracollato: molte compagnie di navigazione continuano a navigarlo, sanno bene che Ansar Allah non attacca le navi non dirette a porti israeliani.

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TEHRAN TIMES

Un alto funzionario iraniano, Mohsen Rezaei, ha comunicato che i recenti attacchi degli USA e del Regno Unito sullo Yemen gli risultano essere un tentativo disperato di sfuggire alla “palude autocostruita” della guerra di Gaza e ha paragonato la situazione a quella dell’annegamento del faraone ai tempi di Mosè.

“I recenti attacchi aerei degli Stati Uniti e del Regno Unito sullo Yemen sono una chiara indicazione dei loro tentativi disperati di salvarsi dalla palude che si sono costruiti da soli con il conflitto di Gaza. Proprio come il faraone l’America è destinata ad annegare nel Mar Rosso”.

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https://t.me/channelredline/27512

Il Pentagono ha ammesso la morte di due militari al largo delle coste della Somalia, apparentemente si è trattato di perdite dovute a un attacco Houthi ad una nave americana.

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https://www.reuters.com/world/middle-east/italy-declined-take-part-military-action-against-houthis-source-says-2024-01-12/

Incredibile!

Sembra che il governo italiano ne abbia fatta una giusta: i militari italiani non parteciperanno alle azioni contro Ansar Allah nello Yemen.

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Humour nero ebraico e schizofrenia della sinistra israeliana che, senza essere capace di ammetterlo esplicitamente, sa che il proprio paese è colpevole. Dal quotidiano israeliano Haaretz: in uno scenario di rovine con bombardieri in volo e con solo un somaro ancora in vita un soldato israeliano chiede all’altro: “Qual è il risultato all’Aia?”…

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RUSSIA TODAY

Hanno sfidato gli Stati Uniti, Israele e l’Arabia Saudita e promettono “vendetta”.

Chi sono gli Houthi dello Yemen?

Nei suoi venti anni di esistenza, il movimento Houthi si è abituato alla lotta continua per difendere la propria fede sciita ed il proprio paese.

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“Gli Yemeniti non possono far fronte alla situazione da soli, ma i principali attori della regione e la comunità internazionale possono aiutare, perché è nelle loro mani che esiste la soluzione. Pertanto, chiediamo loro di aiutare il nostro paese e il nostro popolo a porre fine alla guerra, a far sedere le parti in conflitto al tavolo dei negoziati, per iniziare la ricerca di una soluzione che soddisfi gli interessi di tutte le forze presenti nello Yemen, nella regione e nel mondo. La sicurezza e la stabilità nello Yemen sono parte integrante della sicurezza e della stabilità nella regione e nel mondo”.

– Ali Nasir Muhammad, ex Presidente dello Yemen del Sud (1980-86); citazione da una conferenza del Valdai Club, febbraio 2018

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La maggior parte delle persone è a conoscenza solo delle questioni globali che fanno notizia. Se i media non riportano la storia, ci sentiamo come se il problema non esistesse. Per questo motivo, a differenza degli eventi in Siria, Iraq o Afghanistan, la crisi in Yemen è rimasta a lungo un argomento vago e distante per la maggior parte delle persone in tutto il mondo.

Ma in questi giorni, quando gli Yemeniti si sono rivoltati contro gli Stati Uniti e i loro alleati, le cose sono improvvisamente cambiate. Il movimento Houthi è stato l’unico gruppo nella regione che ha osato dire la verità sugli eventi in Palestina e difendere i palestinesi.

Improvvisamente, tutti hanno iniziato a parlarne.

Il 12 gennaio, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno attaccato gli Houthi nello Yemen ed è giunto il momento di saperne di più su questo movimento e di ottenere una comprensione più profonda di quanto sta accadendo in Yemen.

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Guerra continua

È piuttosto difficile sorprendere il popolo yemenita con i bombardamenti: per molti anni nella regione ha imperversato una sanguinosa guerra tra le autorità e gli insorti Houthi e la situazione è peggiorata nel 2015, quando una coalizione guidata dall’Arabia Saudita è intervenuta nel conflitto: secondo il Centro yemenita per i diritti umani e lo sviluppo, oltre 10.000 civili sono stati uccisi nel paese in tre anni di combattimenti. Tra le vittime ci sono quasi 2.000 donne e 2.500 bambini.

Nel novembre 2017 l’Arabia Saudita ha deciso di chiudere tutti i porti terrestri, marittimi e aerei yemeniti e il paese devastato è stato sottoposto a un blocco totale che ha provocato un disastro umanitario.

Oltre a coloro che sono caduti sul campo di battaglia, a migliaia sono morti di fame e di colera e, anche ora che i principali porti del paese sono stati finalmente sbloccati e gli Yemeniti hanno potuto ricevere aiuti umanitari, il problema non è stato risolto del tutto: ad oggi oltre il 70% della popolazione ha ancora bisogno di aiuti umanitari.

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L’Imam sciita Hussein Badreddin al-Houthi, ucciso alla fine del 2004.

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Appaiono gli Houthi

Lo Yemen è piombato nel caos dopo l’unificazione dello Yemen del Sud e dello Yemen del Nord nel 1990 e l’attuale conflitto è iniziato con una disputa tra sunniti e sciiti nel 2004.

A Saada, una città nel nord-ovest dello Yemen, gli sciiti hanno preso l’iniziativa contro le autorità sunnite, che a loro dire li opprimevano per motivi religiosi e che erano corrotte, e hanno chiesto l’indipendenza iniziando la rivolta armata.

La ribellione era guidata dal leader dell’imam sciita Hussein Badreddin al-Houthi, ucciso alla fine del 2004.

Ecco perché i combattenti del movimento sono ora chiamati “Houthi”, anche se ufficialmente il movimento si chiama ‘Ansar Allah’ (‘Sostenitori di Dio’).

Dopo la morte di Hussein, suo fratello Abdul-Malik al-Houthi ha preso il comando e i combattimenti sono continuati.

Le autorità yemenite hanno definito gli Houthi una “quinta colonna filo-iraniana” e in risposta, il movimento ha accusato l’establishment politico yemenita di tradimento e di servire gli interessi del movimento religioso wahhabita dell’Arabia Saudita.

Nel 2010 le parti sono comunque riuscite a raggiungere un accordo ed è stata stabilita una tregua che non è durata a lungo.

Nel 2010-2011, la cosiddetta serie di rivolte rivoluzionarie della Primavera araba si è diffusa in tutto il Medio Oriente, compreso lo Yemen e a migliaia sono scesi in strada chiedendo le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh, che ha governato il paese per 33 anni.

Il presidente ha resistito ed è persino sopravvissuto a un tentativo di omicidio, ma alla fine è stato costretto a dimettersi nel novembre 2011, mentre si trovava in Arabia Saudita, e nel febbraio 2012 è stato eletto presidente il filo-saudita Abdrabbuh Mansur Hadi.

Le affermazioni degli Houthi secondo cui l’Arabia Saudita avrebbe interferito negli affari interni dello Yemen non sono affatto prive di fondamento.

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Finisce la primavera araba, inizia la guerra

Le dimissioni di Saleh e l’avvento al potere di un nuovo leader non hanno certo risolto i problemi del Paese; al contrario, i terroristi sono diventati ancora più potenti e la corruzione è aumentata, mentre il numero dei poveri e dei disoccupati è cresciuto.

Nel bel mezzo dell’odio e della guerra civile, gli Houthi hanno ripreso le armi, e questa volta hanno combattuto non solo contro le autorità, ma anche contro i militanti di Al-Qaeda, il partito Al-Islah (la versione locale dei “Fratelli Musulmani”) e altri radicali; mentre il neoeletto presidente, che non aveva voluto instaurare un dialogo con gli Houthi, non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco.

Di conseguenza, nell’estate del 2014, i combattenti di Ansar Allah hanno dapprima preso il controllo delle province settentrionali di Amran e Saada e le hanno liberate dai terroristi; poi hanno raggiunto la capitale, Sanaa, e Hadi è stato costretto a fuggire prima ad Aden e poi in Arabia Saudita.

Per inciso, il presidente rovesciato si era inizialmente schierato con gli Houthi e, nonostante i numerosi tentativi da parte degli avversari di rompere questa alleanza, la cooperazione tra Saleh e gli Houthi sembrava piuttosto forte, almeno in quel momento.

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L’Arabia Saudita entra in gioco

Le vittorie degli Houthi sul campo di battaglia non hanno solo cacciato Hadi dal paese, ma hanno anche provocato una forte reazione in Arabia Saudita: nel marzo 2015 il Regno Saudita ha annunciato l’inizio di un’operazione militare internazionale contro l’organizzazione Ansar Allah che veniva dichiarata “organizzazione terroristica” e si è formata una coalizione araba che comprendeva Qatar, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Bahrein, Kuwait, Nord Sudan, Egitto e Pakistan.

Più tardi, i rappresentanti del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (WFP) hanno incolpato Riyadh per la crisi umanitaria in Yemen: “L’Arabia Saudita dovrebbe finanziare il 100% della crisi umanitaria in Yemen”, ha detto il Direttore Esecutivo del WFP David Beasley. “O si ferma la guerra o si finanzia la crisi. La terza opzione è fare entrambe le cose”.

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Fine dell’alleanza Saleh-Houthi

“Anche questo passerà”: si ritiene che queste parole siano state incise sull’anello di Re Salomone e ancora una volta il detto si è dimostrato vero: Saleh e gli Houthi – che un tempo avevano combattuto fianco a fianco contro l’intervento straniero – alla fine sono diventati acerrimi nemici e questo non ha sorpreso nessuno, l’ex presidente era ansioso di riconquistare il potere e considerava gli Houthi solo come alleati temporanei.

Nel novembre 2017 il movimento Ansar Allah ha tentato di arrestare Saleh e la sua famiglia, all’epoca, le parti avevano comunque trovato una specie di accordo, ma poi il conflitto armato è ripreso.

Saleh ha definito gli Houthi “ribelli” e li ha accusati di incitare alla guerra civile: i combattimenti seguenti sono costati la vita a centinaia di persone da entrambe le parti e lo stesso Saleh è stato assassinato.

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Conclusione

Gli Yemeniti sono abituati alla guerra e ai bombardamenti: hanno resistito agli attacchi dei paesi vicini e, con l’aiuto dell’Iran, sono diventati più forti in termini militari.

Nonostante le armi più moderne e i considerevoli investimenti nello sforzo, la coalizione anti-Houthi non è stata in grado di sconfiggere Ansar Allah che è persino riuscita a organizzare unità di difesa missilistica, ad attaccare un’area vicino all’aeroporto internazionale di Riyadh e a colpire le basi militari saudite.

E ora gli Houthi dello Yemen stanno sfidando gli Stati Uniti e Israele.

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L’autore di questo articolo, Abbas Juma, è un giornalista arabo naturalizzato russo ed è specializzato in conflitti politici, guerre dell’informazione, storia e politica del Medio Oriente.

Ha oltre dodici anni di esperienza nel giornalismo, è autore di numerosi articoli, rapporti e interviste apparsi sulle principali pubblicazioni russe ed ha seguito attivamente i combattimenti in Siria, Libia, Nagorno-Karabakh e Ucraina, nonché il colpo di stato in Sudan e il tentativo di colpo di stato in Turchia.

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