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MONUMENTI ANTIMILITARISTI
Quinta parte
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In questa quarta parte ci occuperemo dei monumenti antimilitaristi del Giappone:
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LA MADONNA BOMBARDATA DALL’ATOMICA DI NAGASAKI
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IL MEMORIALE DI HIROSHIMA
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I MONUMENTI DI OKINAWA
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Recenti fatti di cronaca insieme all’ormai prossimo 77° anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e di Nagasaki consigliano di effettuare una panoramica dei monumenti “per la Pace” del Giappone.
Non sono monumenti antimilitaristi nel senso stretto del termine, ma sono monumenti pacifisti a pieno titolo per cui li inseriamo nella nostra trattazione.
Il Giappone per noi Occidentali resta ancora sostanzialmente un paese misterioso e pieno di contraddizioni.
Questo perché, se è vero che la sua filosofia di vita dominante dovrebbe essere il ricercare la saggezza individuale e l’armonia con il cosmo e la natura, è altrettanto vero che il tipico Giapponese è l’essere più rispettoso delle convenzioni sociali in assoluto, ma, quando perde le inibizioni derivanti dalla obbligatoria buona considerazione degli altri, diventa esattamente l’opposto di una persona in armonia.
Si riscontrano pertanto contraddizioni per noi molto evidenti, quali il non essere per nulla amati dagli abitanti dei Paesi vicini (condizione verificata direttamente dal sottoscritto in Corea); il santuario shintoista “Yasukuni” a Tokio dedicato alle anime di oltre due milioni e mezzo di caduti tra cui oltre un migliaio di condannati per gravi crimini di guerra; l’abitudine (velocemente rimossa dal nostro sistema mediatico) di ammazzare i Primi Ministri, in carica o emeriti, e i capi dell’opposizione, un caso prima della Seconda Guerra Mondiale, Inukai Tsuyoshi nel 1932, più altri generali e politici “minori”, due dopo di essa, Shinzo Abe ora e il compagno Inejirō Asanuma nel 1960; la ferocia razzista in guerra ad un punto tale che persino il console nazista durante il “Sacco di Nanchino” nel 1937, Karl Guenther, si è sentito in dovere di salvare oltre quarantamila civili cinesi mettendoli sotto la protezione della bandiera con la croce uncinata (vero).
https://www.ndl.go.jp/portrait/e/datas/17/
https://www.youtube.com/watch?v=I6Mlyc8nhyI
https://www.infoaut.org/storia-di-classe/12-ottobre-1960-inejiro-asanuma-la-morte-in-diretta
http://www.china.org.cn/english/SO-e/30241.htm
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Ma non è del Giappone in quanto tale che desideriamo discorrere, limitiamoci ad una breve visione dei suoi principali monumenti pacifisti di cui siamo a conoscenza.
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– LA MADONNA BOMBARDATA DALL’ATOMICA DI NAGASAKI
Il cristianesimo è giunto a Nagasaki, porto di entrata del Giappone, nel 1543 con il missionario gesuita Francesco Saverio e si stima che alla fine del XVI secolo la comunità cattolica fosse arrivata a circa trecentomila convertiti, signore feudale di Nagasaki incluso.
Lo Shogun che all’epoca governava il paese si convince, tramite anche illazioni e pressioni dei mercanti calvinisti olandesi, che il vero scopo dei missionari cristiani non fosse solo il convertire quante più anime possibile, ma soprattutto il trasformare il Giappone in una colonia ispano-portoghese come era da poco avvenuto nelle Molucche e nelle Filippine.
Questo ha comportato una prima serie di persecuzioni a cui segue, nel 1637, una vera e propria grande ribellione dei cristiani nei confronti dello Shogun, nota come “Ribellione di Shimabara”.
Questa rivolta, che è stata la più grande in assoluto nella storia giapponese, si risolve in un sanguinoso fallimento ed i suoi capi vengono decapitati o crocefissi mentre il cristianesimo viene completamente bandito ed i Portoghesi salpano per non tornare mai più: dopotutto i mercati cinese ed indiano da Macao e da Goa erano molto più proficui.
Solo i mercanti olandesi (i soliti “virtuosi”…) conservano il permesso di continuare a commerciare a Nagasaki e accettano di stabilirsi in una piccola isola non direttamente connessa con la città.
Come conseguenza il Giappone decide di isolarsi dal mondo esterno, pur continuando a ricevere dai mercanti calvinisti le novità tecnologiche ed un qual certo livello di imsegnamenti, e in tale isolamento rimane per quasi 250 anni.
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Il Giappone non viene comunque dimenticato dall’Europa cattolica e nel XVIII secolo alcuni tentativi di inviarvi nuovamente dei missionari da Goa si risolvono in fallimenti completi con la “martirizzazione” dei vari missionari non appena vengono scoperti.
Rassegnato il papa illuminista Benedetto XIV (al secolo Prospero Lambertini, grande organizzatore di bonifiche nella Bassa Padana) promulga un decreto nel 1748 proclamando san Francesco Saverio come Patrono del Giappone come per dire: “Saverio, pensaci tu che noi proprio non ci riusciamo”.
Nell’ottocento si riscontrano timidi tentativi di entrare in Giappone dalla Russia che era arrivata per gli affari suoi alle isole Curili: niente da fare…
Nel frattempo ed incredibilmente alcune comunità di Cattolici erano riuscite a sopravvivere, ignote al mondo e ai loro compatrioti, per quasi duecentocinquanta anni a Nagasaki e nelle poco ospitali isole Gotò, mantenendo la fede religiosa a porte chiuse come cripto-cristiani e trasmettendola ai figli di generazione in generazione.
I cripto-cristiani di Nagasaki credevano in una profezia di un prete martirizzato all’inizio del 1600 che, più o meno, diceva che un sacerdote sarebbe venuto di nuovo da Roma dopo sette generazioni di fatiche e di persecuzioni.
Non sono state sette generazioni, ma una decina.
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Nel 1864, dieci anni dopo l’apertura al commercio estero del Giappone da parte del commodoro USA Perry e poco dopo la stipula di un trattato con la Francia, viene costruita una chiesa cattolica per i residenti francesi nell’insediamento straniero di Nagasaki e affidata al giovane padre Bernard Petitjean.
L’anno successivo questo prete, che nel frattempo era diventato decentemente fluente in giapponese, viene avvicinato al mercato da alcune donne che sorridendo gli chiedono: “sei sposato?”.
Alla risposta impacciata e negativa queste si mettono a ridere e chiedono, pronunciando correttamente il nome della città e lasciandolo attonito: “chi abita a Roma?”.
“Il Papa”, riesce a rispondere il nostro stupefatto missionario.
Di colpo le donne non ridono più e, serissime, gli chiedono: “Tu veneri Maria, la madre di Gesù?”.
“S…sì” riesce a biascicare il nostro povero pretino a cui nel frattempo è venuto un qualcosa di molto simile ad una sincope…
Qualche giorno dopo alcuni indigeni del sobborgo agricolo di Urakami gli si avvicinano e, come se niente fosse, lo informano di essere cattolici e di essere rimasti un po’ indietro con i Sacramenti.
Sapevano che trecento anni prima cristiani non cattolici non si erano comportati propriamente bene con i loro antenati convertiti e volevano essere sicuri di rivolgersi alla persona giusta, per secoli avevano segretamente mantenuto la Fede e, come padre Petitjean avrebbe scoperto di lì a poco, così avevano fatto circa altri quindicimila Giapponesi.
Nell’epoca delle riforme dell’imperatore Meji i cripto-cristiani di Nagasaki si erano palesati dopo duecentocinquanta anni.
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Grazie anche ad una squadra navale francese che, proveniendo dall’Indocina per strada si era divertita anche a bombardare Seul ed Incheon in Corea (ottenendo pure il brillante risultato di fare martirizzare i missionari francesi colà residenti insieme ad un adeguato numero di conversi coreani) le autorità giapponesi di Tokyo decidono che è giunto il momento di lasciare costruire una idonea cattedrale per i cristiani, non più “cripto”, di Nagasaki.
Ovviamente il primo vescovo sarà Sua Eminenza Bernard Petitjean.
La cattedrale di Urakami, la più grande chiesa dell’Asia, viene edificata, ornata sull’altare con una statua lignea “made in Italy” della Madonna realizzata da artigiani umbro-toscani e il 9 agosto 1945 la bomba atomica esplode esattamente sulla sua verticale.
Nel mese di Ottobre 1945 un soldato giapponese congedato di Nagasaki, Kaemon Noguchi, che non ha più un parente vivo al mondo e che è pure prete cattolico, entra tra le rovine della Cattedrale e trova la testa bruciata della statua della Madonna, la prende e decide di ritirarsi nel remoto monastero trappista dell’isola di Hokkaido (NdR: non so cosa dirvi, al mondo esiste di tutto, anche i monasteri trappisti nei posti più remoti e dimenticati da Dio concepibili…).
Nel 1975 gli capita per le mani un bollettino della diocesi con un articolo sulla statua della Madonna distrutta dal bombardamento atomico e decide di scrivere al vescovo per comunicargli che la testa si trova nella sua cella all’altro capo del Giappone.
“Portala subito qui!” gli ordina il vescovo che anzi, per essere sicuro di non sbagliare, lo va a trovare subito e, dopo altre peripezie, la “Madonna bombardata dall’atomica” trova la sua sistemazione in una cappella, nella parte destra della cattedrale, dove da allora è venerata dal popolo.
Nel 2010 è stata portata in pellegrinaggio in America ed in Europa dove ha incontrato un’altra “Madonna bombardata”, quella di Guernica, ed è stata riconsacrata da Papa Ratzinger (NdR: questa operazione è stata resa necessaria non tanto dalla potenza dell’atomica, che nulla può contro la Fede, ma dalla natura intrinsecamente satanica del suo utilizzo, che rende altamente consigliabile questa nuova e sana operazione…).
La nuova dedicazione di questa icona è un qualcosa di potente: “Maria, assorbi i nostri dolori, le nostre preoccupazioni, le nostre malattie, le nostre paure, come fa una buona madre e come hai già fatto assorbendo le radiazioni, il calore che incenerisce e tutta la sofferenza dei tuoi figli”.
https://vocationblog.com/tag/fr-bernard-petitjean/
https://www.laciviltacattolica.com/the-discovery-of-the-hidden-christians-of-japan/
https://www.japanese-wiki-corpus.org/history/Urakami%20Yoban%20Kuzure%20(the%20fourth%20persecution%20of%20Urakami%20Christians).html
https://blog.nationalgeographic.org/2015/10/08/nagasakis-hidden-christians-survive-persecution-and-the-atomic-bomb/
https://www.thecompassnews.org/2020/09/marys-scarred-face-of-war/
https://immaculate.one/la-madonna-del-giorno-9-agosto-1945-la-madonna-di-nagasaki-urakami-giappone#.Ysiy-3ZBzIU
https://www.asianews.it/news-en/Nagasaki%E2%80%99s-%E2%80%9CAtomic-bombed-Maria%E2%80%9D-to-embrace-Guernica-17836.html
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IL MEMORIALE DI HIROSHIMA
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Completata nell’aprile del 1915 e progettata dall’architetto boemo Jan Letzel, la “Exhibition Hall” di Hiroshima era considerata dai Giapponesi dell’epoca un capolavoro architettonico in stile europeo ornato da una magnifica cupola rivestita in rame ed era il punto di riferimento di Hiroshima per la vendita di prodotti locali, le mostre d’arte, le esposizioni e simili.
Il 6 agosto 1945 si è trovata a soli 160 metri dall’ipocentro ed è stata gravemente colpita sia dall’esplosione iniziale che dalle radiazioni.
La bomba è esplosa appena sopra la cupola dell’edificio distruggendone tutte le solette orizzontali e risparmiando solo i muri verticali e le strutture portanti in acciaio.
Nessuno dentro o intorno a questo edificio è sopravvissuto.
Dopo la guerra questa struttura, ridotta ad uno scheletro nudo in acciaio, è stata spontaneamente chiamata “Genbaku Dome – Cupola della Bomba Atomica” dai cittadini superstiti di Hiroshima ed è stata conservata su pressione popolare come monito del potere distruttivo della guerra.
Rimasta in stato di abbandono è stata restaurata a partire dal 1967 “dove è e come è” e nel 1996 è diventata parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO con la seguente motivazione: “testimonianza storica che racconta la tragedia della prima bomba atomica della storia umana e come simbolo che giura di perseguire fedelmente l’abolizione delle armi nucleari e la pace eterna nel mondo”.
Intorno ad essa si trova un parco di oltre quaranta ettari noto come “Peace Memorial Park – Parco del Memoriale della Pace” realizzato nella “tabula rasa” creata dall’esplosione.
Questa struttura, dichiaratamente completamente priva di ogni valore estetico, possiede un enorme valore simbolico e rappresenta sia il tremendo e satanico potere distruttivo che “qualcuno” è sempre capace di scatenare, sia la forza della volontà di pace dei popoli che costituiscono l’Umanità.
Nel “Peace Memorial Park” si trovano vari monumenti in memoria del 6 agosto 1945 tra cui la cosiddetta “Hibaku Gravestone – Pietra Tombale Hibaku”, che è quanto resta di un tempio e di un cimitero del XVII Secolo che si trovavano a soli duecento metri dall’ipocentro, il tempio è stato completamente distrutto e le lapidi frantumate, l’unica eccezione è stata la lapide tombale di un membro del klan che governava Hiroshima all’epoca.
Durante la costruzione del parco è stata presa la decisione di preservare questa lapide e il terreno circostante come testimonianza del potere distruttivo delle armi nucleari.
È l’unico sito in tutto il Peace Memorial Park in cui il terreno rimane come era ridotto dopo l’esplosione, il resto è stato innalzato con terra anche per schermare la contaminazione radioattiva, comunque tuttora presente anche se a livelli che si riducono asintoticamente nel tempo.
Nel parco si trova anche il “Cenotafio delle Vittime” che ha la forma di un’enorme sella, simile alle sellette di argilla tradizionali delle antiche tombe giapponesi, e che contiene una cassa di pietra con una pergamena che elenca i nomi di tutte le persone uccise dalla bomba di cui si ha conoscenza.
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Ogni 6 agosto nel parco si tiene una funzione per la pace a cui erano invitati tutti i governi del mondo.
Quest’anno questa commemorazione si terrà senza la partecipazione dei governi di Russia e di Bielorussia, non perché non siano stati invitati o perché abbiano declinato, ma perché è stato comunicato loro chiaro e tondo di tenersi alla larga e che se si fossero presentati sarebbero stati allontanati.
C’è molto che non va in tutto questo…
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https://hpmmuseum.jp/?lang=eng
https://www.britannica.com/place/Hiroshima-Japan#ref289199
https://peace-tourism.com/en/story/a-bombdome.html
https://whc.unesco.org/en/list/775/
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I MONUMENTI DI OKINAWA
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L’isola di Okinawa ha formalmente fatto parte del Giappone solo a partire dal 1879, prima apparteneva al semi-indipendente Regno delle Isole Ryukyu, potenza marittima dell’Estremo Oriente prima tributaria del Celeste Impero e, nei secoli più recenti, dello Shogunato nipponico.
Nelle isole Ryukyu è tuttora presente un movimento politico che rivendica la restaurazione dell’indipendenza e le lingue delle isole Ryukyu (sono una per ciascuna isola principale) si differenziano dal giapponese propriamente detto, attualmente sono in forte regressione e il governo giapponese da oltre un secolo attua una politica di vera e propria assimilazione.
A partire dal marzo 1945 l’isola di Okinawa è stata teatro di una delle battaglie più sanguinose della guerra che ha infuriato per tre mesi, ha praticamente distrutto tutti gli antichi monumenti e, soprattutto, ha causato la morte di 240.000 (cifra stimata) tra civili e militari.
In conseguenza di questo massacro e della mentalità degli abitanti, comunque diversa da quella del Giappone propriamente detto, l’isola è ora letteralmente ricoperta da Memoriali della Pace che costituiscono una parte vitale della cultura di Okinawa.
Ne consideriamo solo un paio.
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OKINAWA PEACE MEMORIAL PARK
È il Memoriale della Pace principale dell’isola e vuole essere la rimembranza della battaglia e della capacità di recupero e di ricostruzione del popolo di Okinawa.
Nel tentativo di promuovere la pace si ispira agli stessi ideali del Museo della Pace di Hiroshima, per ricordare gli orrori della guerra e le atrocità che possono derivarne.
Il museo si trova sulla collina di Mabuni, luogo dove gli scontri armati sono terminati e dove sono avvenuti sia massacri sia suicidi collettivi.
Nel parco si trova la ” Cornerstone of Peace – Pietra angolare della pace”, una serie di grandi lastre di pietra che riportano i nomi di tutti i caduti conosciuti, militari e civili, Giapponesi, Coreani, Formosani, Americani e Britannici.
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HIMEYURI PEACE MUSEUM AND MEMORIAL
Questo memoriale ricorda il destino delle studentesse e delle loro insegnanti che sono state costrette a partecipare alla guerra come infermiere ausiliarie e che hanno operato in ospedali da campo improvvisati nelle grotte dell’isola in circostanze terribili.
Alcune non sono sopravvissute ai bombardamenti e ai lanciafiamme che hanno colpito indiscriminatamente i ricoveri sotterranei, altre, congedate in un qualche modo durante gli ultimi giorni, avevano cercato rifugio in questa zona e, terrorizzate dall’arrivo dei soldati americani, hanno commesso suicidio collettivo.
Il tono generale di questo memoriale è triste e notevolmente meno retorico rispetto anche al Memoriale della Pace ufficiale di Okinawa.
La missione del museo Himeyuri è di essere un’istituzione rigorosamente pacifista e questo risulta essere in contrasto, ad esempio, con altre istituzioni nipponiche quale il molto più che militarista “Chiran Kamikaze Museum” di Kyushu (il suo nome è il suo programma).
Non parliamo dei rapporti, volutamente e dichiaratamente pessimi, con il santuario shintoista “Yasukuni” a Tokio, dichiarato “famigerato” ed “infame”, anche se non ufficialmente.
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https://top.his-usa.com/destination-japan/okinawa/peace_memorials.html
https://www.japan-experience.com/all-about-japan/okinawa/museums-galleries/okinawa-war-memorials
https://www.dark-tourism.com/index.php/okinawa/15-countries/individual-chapters/471-himeyuri-monument-a-peace-museum-okinawa
https://www.japan.travel/it/spot/524/
https://www.oki-islandguide.com/attractions/himeyuri-monument-himeyuri-peace-museum-2
https://www.japan-guide.com/e/e7105.html
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Rimini, 14-VII-2022
Marco Brusa
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http://www.bergamoincomune.it/monumenti-antimilitaristi-4/
http://www.bergamoincomune.it/monumenti-antimilitaristi-3/
http://www.bergamoincomune.it/monumenti-antimilitaristi-2/
http://www.bergamoincomune.it/monumenti-antimilitaristi/
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