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MONUMENTI ANTIMILITARISTI
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Seconda parte
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In questa seconda parte ci occuperemo di tre monumenti antimilitaristi:
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La campana Maria Dolens di Rovereto (TN);
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Il cippo di Margherita e di fra’ Dolcino sul Monte Massaro/Rubello (Biella);
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Casa Manfredi a Reggio Emilia ed il “murale” al partigiano reggiano.
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Maria Dolens di Rovereto (TN)
https://youtu.be/WYOK0C3xW6Q
La campana Maria Dolens di Rovereto è probabilmente il monumento antimilitarista che più di ogni altro è stato osannato ed incensato, anche da coloro che antimilitaristi non lo sono proprio per nulla.
Basta dire che questa campana è stata inaugurata da un re e da una regina (Vittorio Emanuele III e Margherita), benedetta da almeno quattro Papi (Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Francesco), registrata su pubblicazioni e siti di cosiddetta “arte fascista” (della serie: non hanno capito un tubo) e, buona ultima, è pure arrivata l’Unione Europea che, in piena guerra in Ucraina, il 9 maggio 2022 (sic) ha dato l’adesione ufficiale al Memorandum di Pace -Fondazione Campana dei Caduti- ed ha fatto issare sul colle dove la campana è posizionata la propria bandiera con tanto di cento rintocchi e firma del Registro d’onore…
La motivazione ufficiale è stata che l’Unione Europea, in ossequio al grande ideale di pace e di fratellanza dei vivi nel ricordo dei morti, simbolicamente rappresentato dalla Campana dei Caduti “Maria Dolens”, ha deciso di aderire ufficialmente alla Fondazione che promuove questa aspirazione di pace universale.
No further comment…
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La Grande Guerra è stata una catastrofe per le popolazioni e possiamo tranquillamente dire che, nonostante le forti analogie con gli eventi attuali, la ragione di quella carneficina non è stata ancora trovata con sicurezza al giorno d’oggi.
Un parroco di Rovereto, situata a nord del monte Pasubio dove il macello è stato quello che è stato, don Antonio Rossaro, interventista pentito che aveva passato l’ultimo anno di guerra nelle galere austro-ungariche con la per niente per quei tempi tranquillizzante accusa di alto tradimento, decide di lanciare l’idea di un monumento ai caduti per invocare pace e fratellanza fra i popoli del mondo intero.
Con il numero di maggio 1922 del suo giornalino (non più interventista), Alba Trentina, vengono avviate le sottoscrizioni per la raccolta di fondi e contestualmente vengono inviate le richieste alle Nazioni coinvolte nella Grande Guerra per ottenere cannoni di bronzo per la fusione.
Diciannove Nazioni decidono di fornirne almeno uno, di quelli già destinati alle fonderie come rottame.
Allo scultore trentino Stefano Zuech viene affidato l’incarico per l’esecuzione della decorazione che risulterà essere di impostazione neoclassica e con una iconografia non proprio pacifista figlia della retorica del tempo.
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la Campana viene fusa in una fonderia di Trento e nel 1925 viene posta sul torrione del castello di Rovereto e fatta rintoccare per la prima volta.
Suono semplicemente pessimo e sgradevole…
E qui si riscontra la prima delle coincidenze che hanno fatto dubitare (e scrivere un mucchio di scempiaggini agli esoteristi) che la campana Maria Dolens sia destinata ad incrinarsi quando un grande conflitto incombe.
Nel 1939 la campana viene nuovamente fusa a Verona ed arriva a Rovereto il 26 maggio 1940, esattamente due settimane prima dell’entrata in guerra dell’Italia, dove viene depositata all’ingresso del castello.
Non viene tuttavia dimenticata ed i suoi eventi successivi rispecchiano il veloce mutare dei sentimenti.
Nel gennaio del 1943 viene dedicata alla memoria dei caduti di tutte le guerre, assumendo il titolo di “Campana dei Caduti in guerra”.
Evidentemente stavano cominciando ad arrivare con “radio gavetta” notizie sugli eventi dell’ARMIR nell’ansa del Don…
Nel 1944 viene dedicata anche al ricordo delle vittime civili.
I bombardamenti degli Alleati e l’Italia ridotta a campo di battaglia sono stati gli eventi principali di quell’anno…
In ogni modo appena terminata la guerra viene immediatamente issata, con un vero e proprio moto popolare, sul torrione e la sera del 20 maggio 1945 la nuova campana suona per la prima volta, ricordando tutte le vittime di entrambi i conflitti mondiali.
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Nel 1960 Maria Dolens si incrina e si ripresenta la necessità di una nuova fusione.
Siamo vicini all’intervento USA in Vietnam.
È il Lions club Italia a finanziare la nuova fusione in cambio dell’inserimento anche del proprio emblema tra le varie simbologie.
La nuova campana viene fusa nel 1964 a Castelnuovo ne’ Monti in provincia di Reggio Emilia e nel 1965 viene benedetta dal Paolo VI che la consacra non più ai morti, ma per i vivi, per rammentare ai popoli il grande bisogno e la necessità della Pace.
Tutto questo avviene in piena guerra del Vietnam.
Possiamo solo auspicare di non venire a sentire, con tutto quello che sta accadendo, che questa campana si è rotta per la terza volta…
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Due parole sulla simbologia dei bassorilievi presenti su questa campana.
Della fascia neoclassica in accordo allo stile dei monumenti ai caduti degli anni ’20 e del simbolo dei Lions abbiamo detto.
Sulla superficie esterna sono riportati gli autografi dei Papi Pio XII e Giovanni XXIII, accompagnati dalle rispettive frasi: “Nulla è perduto con la Pace. Tutto può essere perduto con la guerra” e “In pace hominum ordinata concordia et tranquilla libertas – Nella Pace degli uomini sono presenti la concordia ordinata e la libertà serena”.
Con la seconda fusione è stata aggiunta la scritta “Dormite in umbra noctis, laetamini in lumine Christi, dum aere iungo populos, et vestras laudes celebro – Dormite nella notte oscura, rallegratevi nella luce di Cristo, mentre con l’”aere” unisco i popoli e canto le vostre lodi”.
[“Aer, aeris” significa “aria”, “atmosfera” e “ambiente” in senso lato. Una traduzione molto maccheronica che sta circolando lo ha confuso con “aereus”, ablativo “aereo”: “con il bronzo”; ma con questa strana e sbagliatissima traduzione il significato simbolico sarebbe esattamente l’opposto: “con la guerra”…]
Sulla parte superiore sono visibili le costellazioni di Orione, Toro, Mercurio, Auriga e Gemelli così come apparivano all’alba del 28 luglio 1914 quando scoppiò il Grande Macello.
All’opposto si trovano Ofiuco, Ercole, Corona, Boote e Orsa Maggiore come erano al tramonto dell’ 11 novembre 1918 quando ufficialmente finì quel massacro.
Al centro della campana si trova l’Ecce Homo in una doppia corona di spine e di raggi luminosi.
Sul verso la Mater Dolens.
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Da novant’anni la Campana dei Caduti, fa udire ogni sera i suoi rintocchi per celebrare i Caduti di tutto il mondo, senza distinzioni di fede o di nazionalità.
Attorno ad essa si trovano ottantacinque bandiere.
Anche se alcune di queste sono di stati da lungo tempo in guerra quali Palestina ed Israele, per non parlare degli eventi più recenti…
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http://www.alatel.it/alatel/wp-content/uploads/2021/03/La-Campana-dei-Caduti-Maria-Dolens.pdf
https://www.fondazioneoperacampana.it/it/la-campana/protagonisti/don-antonio-rossaro.html
http://www.fondazioneoperacampana.it/it/8-news/763-festa-dell%E2%80%99europa.html
http://www.trentinograndeguerra.it/news_detail.jsp?ID_NEWS=586&areaNews=106>emplate=default.jsp
https://www.archividipace.it/inventario/soggetti-produttori/persona/
http://www.centenario1914-1918.it/it/2018/12/31/la-campana-dei-caduti-di-rovereto
https://www.internationalwebpost.org/contents/MARIA_DOLENS:_100_RINTOCCHI_PER_RICORDARE_1628.html#.Yo6AAahBzIW
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Il cippo di Margherita e di fra’ Dolcino sul Monte Massaro (Biella)
Dopo avere parlato di un monumento benedetto da almeno quattro Papi parliamo di un monumento eretico e decisamente anticlericale, comunque ascrivibile a pieno titolo tra i monumenti antimilitaristi, che si trova in Val Sesia sul Monte Massaro (noto anche come Monte Rubello).
La storia di Margherita e di fra’ Dolcino la lasciamo raccontare a chi lo sa fare infinitamente meglio di noi:
https://youtu.be/h0wavmMEwbQ
A noi interessa solo raccontare la storia di questo monumento che, ironia della sorte, si trova esattamente accanto ad una base dell’Aeronautica Militare.
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L’obelisco originale alto dodici metri era stato eretto nell’estate 1907 per iniziativa di un comitato “Pro fra’ Dolcino” che aveva attuato la riscoperta degli eventi di sei secoli prima ad opera di socialisti (quelli seri del 1907), massoni e liberi pensatori.
Una pergamena era stata murata nelle fondamenta della struttura e questo obelisco era stato costruito a braccia da squadre di operai che vi hanno dedicato il poco tempo libero alla fine delle allora pesantissime settimane di lavoro.
Una targa in marmo era murata su un lato con l’epigrafe:
NEL VI CENTENARIO / DEL MARTIRIO / A
FRA’ DOLCINO / RIVENDICATO
IL POPOLO
1307 – 1907
Il basamento era fasciato da quattro lastre di marmo, offerte dal prof. Emanuele Sella, che riportavano le terzine della Divina Commedia riferite a Dante nientepopò di meno che da Maometto in persona:
Or di’ a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedra’ il sole in breve,
s’ello non vuol qui tosto seguitarmi,
sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch’altrimenti acquistar non saria leve.
[Inferno XXVIII, 55-60]
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Le lapidi sono state infrante da ignoti durante la Grande Guerra e nel 1927 il fascismo ha abbattuto l’obelisco durante una esercitazione di artiglieria pesante da montagna.
Le pietre crollate sono tuttora sul posto.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale l’operaio socialista Nino Strobino, appena era riuscito a tornare dall’esilio, aveva scritto col minio sulle macerie: “Queste pietre sono sacre” e nel 1974 per iniziativa del prof. Gustavo Buratti (meglio noto come Tavo), pastore Valdese, si costituisce il Centro Studi Dolciniani e un nuovo cippo viene posto sui ruderi dell’obelisco.
Questo cippo è stato volutamente ispirato da quello posto a Montségur in Occitania dove era avvenuta l’ultima resistenza càtara nel 1244 al termine della Crociata contro gli Albigesi (un affresco relativo a questo evento, ovviamente di visione clericale, si trova nella chiesa dei Santi Bartolomeo e Stefano a Bergamo).
Almeno due operaie che avevano operato giovanissime all’erezione del precedente obelisco sono state presenti a questa nuova inaugurazione insieme a Dario Fo e a Franca Rame che, per l’occasione, hanno rappresentato “Mistero Buffo”, ispirato anche alla vicenda dolciniana.
Il cippo è stato scolpito dal tagliapietre Piero Macchetto che ha realizzato una croce càtara alla sommità.
Ogni anno la seconda domenica di settembre a Biella si tengono le Celebrazioni Dolciniane con “pellegrinaggio” al cippo di Margherita e di fra’ Dolcino.
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Un ricordo personale dedicato al prof. Gustavo Buratti (Tavo), visto che il sottoscritto è stato più volte presente ed un paio di volte relatore alle celebrazioni dolciniane di settembre, l’ultima l’anno dopo la sua dipartita nel 2010.
Un anno si era andati con la bandiera giacobina della Repubblica Cispadana, lui la guarda per un po’ e l’anno dopo ce lo siamo ritrovati che portava quella della Repubblica Giacobina di Alba, anteriore a quella Cispadana, mentre alcuni tra i presenti avevano altre bandiere dell’epoca giacobina.
Evidentemente ad uno studioso di autonomie locali, quale lui era, l’idea era piaciuta…
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Casa Manfredi a Reggio Emilia ed il “murale” al partigiano reggiano
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I Manfredi di Villa Sesso a Reggio Emilia erano dei mezzadri antifascisti che, analogamente ai più noti fratelli Cervi, avevano cominciato a raccogliere viveri e materiale per le formazioni partigiane trasformando la loro casa, allora completamente immersa nella campagna, in una base sicura.
Sono stati catturati durante un rastrellamento delle brigate nere e fucilati tra il 17 ed il 21 dicembre 1944 insieme ad altri ostaggi tra cui gli uomini della famiglia Miselli.
La casa colonica è stata in seguito abbandonata e di fianco ad essa è stata costruita l’Autostrada del Sole e la zona industriale di Mancasale.
Il 27 settembre 2020 sul muro meglio visibile dall’autostrada è stata inaugurata l’opera murale di “street art” dedicata al Partigiano Reggiano, realizzata da Fabio Valentini in arte Neko e Marco Temperilli in arte Maik che si sono ispirati alla canzone di Zucchero Fornaciari.
Come recita il “Portale Giovani” del Comune di Reggio Emilia questa opera è stata voluta dall’Istituto Storico della Resistenza (Istoreco) in collaborazione con ANPI e Comune per rendere omaggio alla memoria dei caduti della Resistenza, diventando una ben visibile “nuova porta” della città con un forte “tratto distintivo” e di memoria storica.
Partecipano all’inaugurazione tutte le istituzioni: il Sindaco di Reggio, la presidente dell’Anpi di Sesso, il presidente dell’Anpi provinciale, il direttore di Istoreco, i rappresentanti delle famiglie dei caduti ricordati dal murale e l’opera viene firmata congiuntamente da tutti gli enti promotori.
Evidentemente, secondo la ben nota dicotomia reggiana (fieri per gli aerei da caccia che si costruivano alle Officine Reggiane e orgogliosi di coloro che ne sabotavano la fabbricazione…) i limitrofi “Ponti di Calatrava” sono belli sì, ma un po’ troppo neo-liberisti.
Bisogna riequilibrare ed armonizzare l’insieme.
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E uno dice: “Va bene. Uno dei tanti murales dedicati ai partigiani di cui sono piene le città del Nord Italia”.
Se non fosse che avviene il solito evento che non si sa se definire demenziale o completamente idiota.
La Società Autostrade per l’Italia nel maggio 2021 emette formale diffida all’Istituto Storico della Resistenza: il murales che celebra i partigiani trucidati va cancellato entro dieci giorni, altrimenti ci penserà la polizia stradale a multare (19.000,00 euro) chi lo ha realizzato senza permesso.
“Ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e seguenti del Codice della strada è fatto divieto di collocare lungo la sede autostradale insegne, cartelli, manifesti ed impianti di pubblicità che possano ingenerare confusione arrecare disturbo e soprattutto distrarre l’attenzione, con conseguente pericolo per la sicurezza.
Pertanto, richiamando interamente il contenuto della mail inviata il 22 aprile nella quale si contestava che il murales citato visibile dal tracciato autostradale, per sua natura, forma, dimensione, contenuto e posizione era fonte di grave pericolo per la sicurezza della circolazione, nonché sprovvisto di autorizzazione, risulta ancora oggi irregolare, abusivo e illegittimo”.
Quando ci si vuole coprire di ridicolo ci si riesce sempre benissimo…
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Ovviamente a Reggio Emilia una storia del genere non può passare, a furore di popolo e anche perché il Comune ha una avvocatura che può reggere tranquillamente il confronto con quella delle Autostrade.
A parte che un murales dedicato ai partigiani reggiani è un po’ difficile inserirlo nella categoria “pubblicità”, nella limitrofa zona industriale di Mancasale le luminarie pubblicitarie sui vari capannoni semplicemente si sprecano.
Retromarcia!
E tecnici autostradali prontissimi ad intervenire per ripulire l’opera quando nel marzo 2022 il solito fascistello pirla va a disegnarci sopra delle croci celtiche.
Una buona azione, ma sarebbe stato meglio comunque in questo caso evitare dichiarazioni estemporanee tipo la seguente di un dirigente autostradale: “Ci sembrava giusto poter dare il nostro contributo per restituire la giusta dignità a un’opera di cui, già in passato, ci siamo impegnati a preservare il valore storico e simbolico”.
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https://www.anpireggioemilia.it/agenda-della-resistenza/1944-20-dicembre-rappresaglia-di-sesso/
https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio-emilia/cronaca/murales-partigiano-reggiano-1.6387295
https://www.livello9.it/meno-piu-diritti/casa-manfredi
https://portalegiovani.comune.re.it/senza-categoria/partigiano-reggiano-casa-manfredi/
https://www.stampareggiana.it/2020/09/24/arte-e-storia-un-grande-murale-per-i-martiri-di-villa-sesso/
https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio-emilia/cronaca/murales-partigiano-reggiano-1.6387295
https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio-emilia/cronaca/i-tecnici-di-autostrade-hanno-pulito-e-sistemato-casa-manfredi-1.7492445
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Bergamo, 26.V.2022.
Marco Brusa
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