Il 30 novembre, il Consiglio Regionale ha approvato (con i voti favorevoli della maggioranza di centro destra) il progetto presentato dalla Giunta di revisione della legge regionale 23/2015 (la cosiddetta “riforma Maroni”) che regolerà la sanità pubblica in Lombardia per i prossimi anni.
La nostra valutazione è che la Giunta Regionale sembra non avere imparato la tragica lezione della pandemia covid 19, che ha prodotto –non lo dimentichiamo- 35000 morti in Lombardia, di cui 6000 nella Bergamasca.
Nella nuova legge regionale sono, infatti, di nuovo completamente assenti la programmazione socio-sanitaria territoriale, la medicina preventiva, il coinvolgimento dei territori, la tutela dell’ambiente, mentre la sanità privata viene addirittura integrata nel “Sistema Sanitario Regionale” e viene attribuita al “privato” la possibilità di “concorrere alla istituzione delle Case e Ospedali di Comunità” previste dal Piano di Ripresa e Resilienza Nazionale (PNRR).
Per una reale riforma del Servizio Sanitario Regionale Lombardo è necessario:
1) garantire il diritto alla salute come previsto dall’articolo 32 della Costituzione e dalla legge 833/78 che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale;
2) ripartire da una Programmazione Socio-Sanitaria Territoriale che coinvolga nelle scelte i cittadini e gli enti locali (i Comuni, i Consigli di Rappresentanza dei Sindaci, ecc.);
3) i Servizi Pubblici vanno organizzati in Distretti, Dipartimenti, Presidi Ospedalieri, con integrazione degli aspetti sanitari con quelli socio-assistenziali e quelli attinenti alla salute mentale;
4) le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità, previsti dal PNRR, devono essere a gestione pubblica e disponibili in ogni distretto socio-sanitario.
5) predisporre un piano straordinario di stabilizzazione ed assunzione di personale sanitario per le strutture Pubbliche (né il PNRR né la Finanziaria del governo Draghi lo prevedono mentre oggi in Italia mancano 45000 medici e 75000 infermieri).
6) realizzare un piano di recupero dei controlli, visite, interventi specialistici (10 milioni di visite specialistiche ed esami clinici saltati nel 2020) per rientrare nei tempi di attesa previsti dai LEA, con abbattimento delle liste di attesa.
7) l’accreditamento e l’autorizzazione delle strutture private devono essere legati ai bisogni di salute della popolazione e stabiliti dalla programmazione socio-sanitaria del Servizio Sanitario Regionale, e non a piacere dei grandi gruppi sanitari privati.
COSA POSSIAMO FARE NOI CITTADINE E CITTADINI?
OPPORCI alle chiusure e/o alle riduzioni di servizi delle strutture pubbliche (ad esempio l’Ospedale di San Giovanni Bianco) e all’affidamento alle gestioni private comunque denominate (ad esempio cooperative di medici di base, ecc.) delle cronicità, della diagnostica e degli esami di laboratorio.
PRETENDERE di accedere a visite specialistiche, esami strumentali e di laboratorio in tempi brevi e comunque entro i limiti di tempo massimi fissati a livello regionale/nazionale.
SOSTENERE le associazioni e i comitati di cittadine/i, di medici e infermieri che, soprattutto in seguito alla pandemia, in questi ultimi due anni non hanno mai smesso di battersi in difesa del diritto alla salute, partecipando alle loro iniziative.
Coordinamento bergamasco per il Diritto alla Salute “Dico 32” tel. 035225034 coordsalutebg@libero.it
Tavolo della Salute di Bergamo tel. 349 396 7466 tavolodellasalutebg@libero.it
Bergamo , dicembre 2021
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