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LA PROVINCIA – ORA È OLIGARCHICA, FU DEMOCRATICA
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La notizia che il 16 ottobre il sig. Gianfranco Gafforelli è stato dichiarato decaduto, in quanto non più Sindaco di un qualsiasi Comune, dal Ministero dell’Interno dal ruolo di Presidente della Provincia di Bergamo comporta una serie di riflessioni relative sia ai compiti di tale Presidente che agli scopi dell’esistenza della Provincia stessa.
Il singolo personaggio in quanto tale non è molto importante e per quanto lo riguarda non intendiamo andare oltre il presentargli i nostri rispetti e saluti, riprendendo quanto da lui medesimo comunicato nelle “Linee programmatiche del mandato”: “In particolare il collegamento stradale tra Bergamo e Treviglio, pur con tutte le cautele che merita la verifica di impatto di una tale opera, sarà valutato con grande attenzione, ma dovrà ricevere nuovo impulso affinchè si proceda più celermente possibile alla sua realizzazione”.
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La Provincia (definita anche “Città Metropolitana” nel caso di grandi conglomerati urbani) da anni non è più un organo democratico eletto dalla popolazione, ma è diventata con la legge 56/2014 un “organo elettivo di secondo grado” (sic), circonlocuzione per dire di fatto “organo non democratico”, o “organo oligarchico” che dir si voglia.
Solo un numero eletto e ristrettissimo di cittadini può votare alle elezioni del Consiglio e del Presidente: i Sindaci ed i Consiglieri Comunali della Provincia medesima.
In totale per la Provincia di Bergamo si tratta di circa 2940 Grandi Elettori, vale a dire meno dello 0,27% (zerovirgolaventisettepercento!) della popolazione residente (migranti esclusi).
Tra l’altro non viene applicata nemmeno la regola di “una testa, un voto”, ma l’Allegato A alla legge prescrive un interessantissimo sistema, più o meno cervellotico, in base al quale ogni voto è “commisurato ad un indice ponderato di cui si determina il valore percentuale, calcolato fino alla terza cifra decimale” (sic, di nuovo).
Non ci sembra che questo possa molto essere considerato “Democrazia”.
“Oligarchia” invece, qualsiasi argomentazione venga controbattuta, sicuramente sì.
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In ogni modo l’istituzione della Provincia viene ad essere in buona compagnia dal momento che anche il “Consiglio dell’Unione Europea”, che detiene il potere legislativo in misura maggiore del Parlamento Europeo per le leggi dell’Unione, (da non confondere con il “Consiglio d’Europa” della Von der Leyen, sono due istituzioni diverse) non viene eletto ma costituisce un altro “organo elettivo di secondo (anzi, a ben pensare di terzo) grado” i cui membri sono ministri nominati dai governi in ragione di uno per ciascuno Stato.
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È a dir poco ovvio come una istituzione oligarchica (o di “secondo grado”, come viene definita con pessimo eufemismo) risulti inevitabilmente molto più scollegata dai bisogni e dalle aspirazioni della popolazione rispetto ad una struttura eletta direttamente e democraticamente.
Sia chiaro che ci limitiamo ad enunciare dei dubbi e che non stiamo effettuando affermazioni, ma è inevitabile che nasca il dubbio che ogni istituzione politica e/o amministrativa nominata con una “elezione di secondo grado”, a cui magari partecipa pure solo una frazione degli “aventi diritto”, sia più sensibile agli interessi di pochi che a quelli dell’intera popolazione residente.
Non c’è quindi da stupirsi se, per nominare il nuovo Presidente della Provincia (evitiamo di usare il termine “eleggere”, per favore), il ristrettissimo numero di aventi diritto si autoproponga di costruire al proprio interno un “percorso unitario, ampio e condiviso per affrontare il rilancio del territorio, (…) risolvere le problematiche legate alla viabilità con nuovi collegamenti (…) nel delicato rapporto con gli insediamenti nel settore della logistica (…) nell’attuazione del PNRR e nell’impiego delle risorse in arrivo (…) per creare sinergie tra enti territoriali e parti sociali ed economiche per il perseguimento di obiettivi strategici”, come recita una recente comunicazione alla stampa.
E non c’è da stupirsi se, più veloci della luce, anche coloro che sono nell’altro campo nel presunto “bipolarismo maggioritario” si dichiarino immediatamente d’accordo.
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È da notare sia come l’aggettivo “democratico” non sia utilizzato in queste bozze di programma, ma venga sostituito con “territoriale”, sia come ci si guardi bene dal definire propriamente le “parti economiche” e i cosiddetti “obiettivi strategici”. Inoltre non si trovano riscontri per le esigenze della popolazione, se non come accenni pure essi di “secondo grado” degni del miglior pensiero radical-chick: “servizi per il lavoro e la formazione”, “investimenti in materia ambientale”, “sviluppo equilibrato e sostenibile”, etc.
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Ne consegue il fortissimo dubbio che il prossimo Presidente della Provincia di Bergamo, che sarà nominato da meno dello 0,27% dei residenti, avrà come obiettivo primario del proprio mandato il soddisfare gli interessi di una minoranza altrettanto esigua, vale a dire il fare tutti gli atti amministrativi necessari perché le varie finanziarie straniere (pure più o meno “sovrane”, al contrario in questo caso del popolo bergamasco) si trovino nella condizione di poter realizzare l’autostrada Bergamo-Treviglio, i nuovi poli logistici ad essa associati e di massimizzare gli utili che ne deriveranno (non solo pedaggi e carburanti, ma anche speculazioni immobiliari), nella più totale indifferenza verso i bisogni reali della popolazione.
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Sarà molto interessante.
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Bergamo, 30.X.2021, Marco Brusa
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